Recensione a:

Brian Christian: Essere umani. Che cosa ci dice di noi il test di Turing.
La biblioteca delle Scienze, 2012. Pagine 288

 

Al di là dell’immediatezza con la quale ognuno di noi percepisce il proprio ‘essere uomo’, il termine di riferimento sul ‘cosa è umano’ e ‘cosa non lo è oramai è la macchina e non più, come in passato, l’animale. Dov’è sta il discrimine fra l’umo ed il computer, che può simulare convincentemente molti nostri modi di ‘pensare’ e dialogare? La domanda può anche essere riformulata: cosa fa sì che io riconosca con immediatezza l’assoluta ed esclusiva umanità dell’altro, e che lui la riconosca in me? A rispondere ci prova Brian Christian, alle prese con quel Test di Turing che, originariamente proposto per rispondere ad una delle domande fondamentali  nel campo dell'intelligenza artificiale (le macchine possono pensare?), viene ora ripreso per rispondere ad un altro interrogativo: cosa permette che in una conversazione io possa distinguere un interlocutore-uomo da un interlocutore-programma (ammesso che lo si possa continuare a fare in futuro)? Per poi chiedersi ancora: cosa rende l’umano ancora più squisitamente umano?

Per Christian la risposta risiede nella varietà dei modi espressivi, e soprattutto nella complessità della comunicazione umana; nel come essa si svolge, nei sentimenti, nei gesti, nelle espressioni che l’accompagnano; si trova oltre le frasi ed i contenuti, nel ‘come’ (le pause, le esclamazioni, gli accenti…) piuttosto che nel ‘cosa’ (i dati, i concetti…) si comunica. Quel quid di umano che leggiamo negli occhi dell’altro, che cogliamo nella poesia, nei simboli, ed in tanto altro, è la più sottile e vitale caratteristica del comunicare umano. Senza dinenticare quella incredibile capacità umana che è la curiosità. Secondo Christian, essa è davvero la più umana delle ‘emozioni’, in quanto parte essenziale della nostra natura ibrida animale-razionale, nell’incontro fra desiderio e conoscenza. Per quanto le macchine possano invadere tutti gli ambiti lavorativi, al posto più elevato ci sarà sempre un umano.

 

Francesco D’Alpa