L'ATEO  numero 5/2013

Editoriale

di Francesco D'Alpa

In uno dei suoi più celebri saggi, Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio, Sigmund Freud analizzò, fra gli altri, una serie di curiosi termini che hanno l’apparenza di errori di stampa, ma che in realtà trovano ragion d’essere in un giudizio (morale, estetico, psicologico). Infatti, secondo la sua linea interpretativa, “un motto di spirito è un giudizio che produce un contrasto comico; esso ha avuto una parte silenziosa anche nella caricatura, ma solo nel giudizio raggiunge la sua forma peculiare e la libera sfera della sua espressione”. [1]

Valga un esempio: “Parlando di qualcuno degno di molte lodi, ma sul conto del quale si poteva trovare molto da ridire, il signor N. osservò: «Sì, la vanità è uno dei suoi quattro talloni di Achille». In questo caso la modifica consiste nel fatto che, invece dell’unico tallone d’Achille che deve aver posseduto l’eroe, qui si tratta di quattro. Quattro talloni? Ma solo un animale ha quattro talloni! Così i due concetti che sono riuniti nel motto di spirito sono i seguenti: a parte la sua vanità, Y è un uomo notevole; comunque a me non piace; è più una bestia che un uomo»”. [2]

Nel caso di certi articoli apparsi dopo la morte di Margherita Hack i paradigmi freudiani sono pienamente rispettati. Se il termine ‘artrofisica’ (della Diocesi di Trieste) è probabilmente un banale errore di battitura (ed al più denota una certa superficialità redazionale), certamente non lo è il termine ‘Astrofica’ (di Libero), chiara sintesi, secondo i criteri freudiani, di due contrastanti assunti: Margherita Hack era (a) una importante astrofisica, degna dunque di rispetto ed ammirazione come professionista, ma anche (b) una donna, e come tale riducibile al solo ruolo di oggetto sessuale, dunque disprezzabile quando esprimeva giudizi sulle ‘grandi questioni”, soprattutto ‘metafisiche’.

Per fortuna (ma sembra più che naturale) i giudizi entusiasti prevalgono ampiamente rispetto ai belati dei detrattori.

Ma torniamo alle grandi questioni metafisiche, tanto care ai credenti: la “transustanziazione”, ad esempio; uno dei più illogici fra i dogmi religiosi (al punto che gli stessi cristiani ne hanno disputato a lungo la validità), che trova motivo di credenza, secondo i dettami teologici, anche nella (e forse proprio per la) sua assurdità. E che, paradossalmente (superando l’antica questione della relazione fra ‘forma’ e ‘sostanza’) si vorrebbe provato ‘fisicamente’, scientificamente, dai cosiddetti ‘miracoli eucaristici’, l’ultimo dei quali, come potete leggere in questo numero, sembra proprio una grossolana bufala.

Ma i credenti hanno un gran bisogno del ‘meraviglioso’, soprattutto quando esso alimenta un loro appetito perenne: quello delle profezie, dei presagi, e soprattutto dei ‘segni’. Come per l’appunto il presunto miracolo eucaristico di Buenos Aires, avvenuto molti anni fa, allorché Bergoglio ne era arcivescovo. Senza aspettare l’agiografia postuma, essi ne hanno già fatto un chiaro ‘segno’ di predilezione divina per il futuro papa. Per noi si tratta (ad andare bene) solo di coincidenze; via, piuttosto forzate!

In realtà, ognuno di noi sperimenta delle coincidenze; anche noi (Atei infedeli) possiamo facilmente immaginarci dei segni; perfino tali da sfidare la Cabbala. Vi riesce difficile crederlo?

Dunque, dopo lunga militanza la Maria Turchetto vorrebbe dimettersi da direttrice (come Ratzinger) ma restando condirettrice (sempre come Ratzinger), elevando a condirettore (come sembra aver fatto il vecchio papa) un D’Alpa già redattore (una sorta di ‘cardinale’), che di nome fa Franco in privato ma Francesco in pubblico (come papa Bergoglio). Il primo editoriale della Turchetto (L’Ateo n. 34, 5/2004) prende lo spunto dalla parte monografica della rivista, “Orgoglio ateo”; lo spunto per il primo editoriale del D’Alpa doveva essere una citazione del numero 5/2013 di MicromegaAteo è bello!”, che comunque viene recensito a fine numero. Le prime pagine (l’alpha) di questo numero sono dedicate a Margherita Hack, così come un suo elogio apparso a pag. 30 (l’Omega) dell’Ateo 5/2005. Non ultimo, è proprio il numero 5 dell’anno in corso a sancire una transizione (anche “Ateo è bello!”, fra l’altro, è un numero 5). Che poi tale non vuole essere, non deve essere. In questo non desidero proprio che si realizzino coincidenze. Maria è e resta, soprattutto con la sua capacità aggregante, la vera direttrice dell’Ateo, così come i papi del buon tempo andato: vita natural durante! Sarà la sua ‘meritata’ croce! A me potrebbe semmai spettare il compito, se vogliamo anche piacevole, di sostituirla (ma non sempre!) negli editoriali; che, non dimentichiamoli, debbono anche introdurre la parte monografica., questa volte dedicata a “L’uso della natura”.

Quello della natura, insieme alle ‘donne’ e a ‘Darwin’, come ben saprete, è un tema ricorrente nella nostra rivista, in quanto al centro di approfonditi studi, di sostanziali mutamenti di paradigma, di scontri ideologici; non ultimo, e non potrebbe essere altrimenti, di battaglie politiche con al centro i poteri forti (più o meno occulti) di una Chiesa che pretende sempre di avere delle legittime pregiudiziali e l’ultima parola in merito. L’index librorum prohibitorum esiste ancora: certamente non si bruciano più i libri, ma si coartano ancora (o lo si vorrebbe), dogmaticamente, le idee. Ne riparleremo comunque nel prossimo numero.

Concludo tornando col pensiero alla nostra presidentessa, ora anima immortale e non ombra, al modo dei greci: anima non materiale né spirituale, ma viva memoria in chi l’ha apprezzata, al di fuori di qualunque steccato ideologico. A tutti noi piacerebbe essere ricordati in modo così sentito, semplice ed umano come ha fatto l’anonimo autore di questo epitaffio che ho trovato in rete e desideravo/ho desiderato ispirasse la copertina di questo numero: “Era scienziata della scienza più bella e fascinosa che esista: l'astronomia. Ci restano di lei i libri e le interviste. Ci serviranno sempre come memento di ciò che è davvero grande nell'essere umano: la sua visione laica dell’universo e dei popoli... Se stasera volgiamo gli occhi agli astri possiamo ricordarla”. [3]

 

Francesco D’Alpa

 

[1] Sigmund Freud, Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905), capitolo 1

[2] idem, capitolo 2

[2] Il testo è ripreso, con lievi modifiche, da medioevosociale-pietro.blogspot.it