L'ATEO

Editoriale 1/2016

di Francesco D'Alpa 

Con l’elezione di Jorge Mario Bergoglio qualcosa sembra cambiato in Vaticano; o almeno, da molte parti ci si aspetta che qualcosa di importante possa cambiare, per come promesso e sbandierato da papa Francesco. Ma ci vorrà certamente del tempo per capire se il papato (e dietro di lui la ben più potente gerarchia vaticana) abbia davvero intrapreso nuove strade, magari avvicinandosi a quella modernità perennemente denigrata e sempre più in fuga dai suoi dogmi, ed alla quale il papato sembra per certi versi (o finge di) allinearsi (vedi l’esempio del vantato ecologismo della Enciclica ‘Laudato si”).

Lungi dal clamore mediatico delle spesso imprevedibili esternazioni bergogliane, nel suo piccolo una cosa sembra comunque quantomeno diversificata, e vorrei sottolinearlo: dal papa in giù, dagli ecclesistici agli atei devoti, cambiano alcuni leitmotiv della predicazione e delle polemiche; o meglio, si sostituiscono ossessioni ad ossesioni.

Dimenticata o sottotraccia quella del relativismo ratzingeriano (forse anche perché il successore di Benedetto XVI si è più volte dimostrato discretamente relativista nelle sue prese di posizione anticonvenzionali), si dà ora particolare enfasi, tanto per proporre un rilevante esempio, alla cosiddetta ‘teoria gender’.

Per chi ha familiarità con le teorie del complotto, questo ne è un esempio tipico. Da una parte ci starebbero la legge naturale e di conseguenza l’imprescindibile ‘Verità’ della Chiesa romana, dall’altra il piano diabolico delle lobby gay, intese a distruggere l’edificio (ripetiamolo: ‘naturale’, ovvero voluto da Dio stesso) della famiglia (cosiddetta ‘tradizionale’).

La lotta al gender (ovvero alla presunta ideologia gender, laddove il termine ‘ideologia’ viene usato nella sua accezione più dispregiativa) occupa infatti in modo inquietante una considerevole parte del dibattito pubblico; viene insistentemente invocata nei giornali e nelle riviste di area cattolica; ma soprattutto è motivo di contesa all’interno delle istituzioni scolastiche di primo livello, perché è là che le pattuglie cattoliche appaiono più aggressive e meglio organizzate. Ben lo sanno i gesuiti (non a caso l’ordine cui appartiene papa Bergoglio), che nell’infanzia si gioca la fondamentale partita della educazione: laica o confessionale; e dunque, secondo il loro punto di vista: sì alla educazione catechistica sessista, no al gender.

Ma cone stanno realmente le cose? Ha una ragione, ha un senso tutto questo bau bau anti-gender?

A star dietro agli ambienti più reazionari del mondo catolico (e purtroppo non solo a quelli) uno spettro si aggira soprattutto fra i banchi scolastici: qualcuno vorrebbe imporre a dei poveri ignari scolaretti l’idea che non esistono due soli generi ben distinti (fisicamente, sessualmente, intellettivamente, emotivamente): il maschile ed il femminile; occorrerebbe piuttosto custodire e difendere quegli insegnamenti e regole tradizionali, che introducendo cautamente o per metafore alla sessualità, sollecitavano precocemente ad una netta distinzione non solo di comportamenti sessuali, ma soprattutto di ruoli familiari e sociali: i maschetti hanno il pisellino, le femminucce il fiorellino; i maschi giocano (o giocavano) con il trenino (o con la pistola; sono uomini d’azione e di comando o fanno i calciatori), le femmine giocano con le bambole (inseguono gli standard di bellezza, badano alla casa ed ai figli, o fanno le segretarie o veline). Mai, in ogni caso, confondere i generi, pena il crollo della famiglia tradizionale prima, della intera società poi. Coerentemente, all’interno della ideologia gender, ci sarebbe, compresa nel prezzo, l’espulsione definitiva della religione (ovvero del catechismo, dei presepi, etc…) dalle scuole pubbliche, e quant’altro correlato, in quanto incompatibile con questi nuovi ruoli sessuali e sociali, o meglio con questa assenza o molteplicità di ruoli rigidamente predefiniti.

Come nel più classico dei crescendo rossiniani, dentro l’assurda polemica si finisce dunque col metterci di tutto e polemizzare su tutto: dal femminismo dei primordi alla rivoluzione sessuale degli anni sessanta del Novecento; dal  mai accettato divorzio alle famiglie allargate o monoparentali o omosessuali; dall’aborto alla maternità surrogata; e così via.

Davvero un gran bel polverone. Ma sarà poi vera questa storia del gender? E giusto in questi termini?

Per noi, e non solo per noi, si tratta di una polemica immotivata, fuor di luogo. Tutte le istituzioni sopranazionali, tutti i maggiori sistemi e centri educativi di riferimento sono concordi nel sostenere ben altro, e da tempo sollecitano le istituzioni e quanti hanno voce nel campo dell’educazione ad accogliere talune direttive altrimenti bollate dai conservatori cattolici come gender, implementando conseguentemente nel sistema scolastico ed educativo nel suo complesso metodi che superino il tradizionale paradigma sessista di genere.

In questo numero cerchiamo, per quanto ci è consentito, di evidenziare alcuni aspetti del problema. Una cosa deve essere subito ben chiara, per quel che attiene alla nostra posizione laica. Da parte clericale, artatamente, si fa una gran confusione fra genere sessuale (biologico) e ruoli sociali; ma il perventimento dell’orientamento sessuale cosiddetto naturale non c’entra nulla con l’idea (o meglio con lo spauracchio) gender cui si oppongono i cattolici.

Per noi è abbastanza chiaro invece che gli educatori supposti ‘gender’ vorrebbero semplicemente predisporre i loro allievi alla mutua e quanto più possibile spontanea conoscenza e comprensione fra i sessi, alla non discriminazione (in ogni suo aspetto) dell’altro, qualunque sia la differenza fra le due controparti (fisica, di sesso, di razza, di religione…): in ultimo porre un argine al bullismo. In questo quadro più generale, l’accettazione del sessualmente diverso (omosessuale, transgender, o che altro) è solo un corollario; e non vuole per nulla spingere alla omosessualità (che è il bersaglio finale di tutto il castello ideologico del gender); ma solo accettarla, ‘naturalmente’, laddove è tale.