Ridere sui preti (e sulle suore)

di Francesco D’Alpa  (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

 

L’umorismo (il comico, l’ironia, la satira) non è solo divertimento fine a se stesso, ma anche argomento serio, che interessa da sempre filosofi (almeno a partire da Platone, nel suo “Filebo”) e uomini di scienza (soprattutto da Freud, con il “Motto di spirito”, in poi) delle più disparate discipline (psicologia, sociologia, antropologia, linguistica…).

Perché e di cosa si ride? Nel modo più facile si ride (come già notava Aristotele e come era comune nel teatro greco e  romano) dei difetti, delle deformità e delle bruttezze. In forma più elaborata (e comune nel mondo moderno) si ride (come sosteneva Schopenhauer) per l’improvvisa percezione dell’incongruità fra un concetto e gli oggetti reali ad esso relazionati. Un esempio famoso è l’equivoco sui mulini a vento di cui è vittima Don Chisciotte. Nel caso di Gesù, che scambia mastro Geppetto per suo padre (vedi box accanto) non c’è certo voglia di deridere la religione, e l’equivoco vale per se stesso; ma, secondo alcune teorie e ricerche sperimentali, un carattere importante del piacere umoristico è la possibilità di esprimere (o scaricare) con esso la propria aggressività, e chiunque ne può divenire bersaglio. I preti si prestano bene a divenire oggetto di questa particolare forma di aggressione: perché categoria ben individuata, per i loro privilegi, per la loro posizione di superiorità sociale. Si ride dunque dei preti enfatizzandone i limiti morali; si ride più in generale contro le autorità e contro le regole sociali (ne sono esempio le barzellette sui politici e quelle sui carabinieri). Ma ridere può servire anche per riaffermare le regole. Per questo il ridere sugli uomini di chiesa ha perlomeno due volti: il riso beffardo e dissacratore dei senzadio, ed il riso caustico dei moralizzatori: che non comporta necessariamente una satira antireligiosa, ed in prevalenza sottolinea le caratteristiche non dignitose (e dunque ridicole) dell’uomo di chiesa rispetto alla dignità (presunta) della religione.

La letteratura ci fornisce illustri esempi: se il milanese Carlo Porta (fra Settecento ed Ottocento) descrisse, più che castigare, la meschinità dei preti, Giuseppe Gioacchino Belli (poco dopo di lui) fu certamente il più noto fustigatore dei preti corrotti, ingordi, donnaioli, pur essendo animato da profonda ed autentica religiosità, al punto da dedicarsi, coerentemente e con zelo, alla fine della sua vita, alle pratiche religiose, e venendo perfino nominato poeta ufficiale della curia papale. Un itinerario che lo avvicina a quello di un altro grande della satira anticlericale, il catanese Domenico Tempio, pure lui omaggiato al momento del bisogno da quel clero che tanto aveva messo alla berlina, ma purtroppo ritenuto a lungo dai critici poco più che un volgare pornografo. Ma quale aspetto è più adatto ad essere ridicolizzato delle attitudini e pratiche sessuali (da cui l’abbondanza di barzellette sui predi goduriosi, omosessuali, pedofili, e sulle bramosie sessuali delle suore)?

Quanto la satira anticlericale irriti i diretti interessati lo dimostra, tanto per fare un esempio, il recente caso del vignettista Vauro, colpevole fra l’altro di avere ostentato durante una puntata televisiva di ‘Anno zero’ una vignetta, ritenuta offensiva dai diretti interessati e dai loro supporter, rappresentante Benedetto XVI che parlando di Berlusconi afferma: “Se a lui piacciono tanto le minorenni, può sempre farsi prete”.  I cattolici, con il giornale della CEI “Avvenire” in testa, sono insorti contro il presunto intento di offendere e calunniare, nonostante la forte evidenza (palese ai più e ampiamente sottolineata dai media esteri) di fondatezza delle accuse verso il papa (di avere a lungo coperto i preti pedofili) e verso il presidente del consiglio (di concupire le minorenni). Secondo Bruno Volpe, direttore di Pontifex (che ha addirittura presentato una denuncia per vilipendio di capo di stato estero), “la ignobile vignetta finale del comunista Vauro ha offeso i cattolici e il papa, con un assurdo, volgare, trucido riferimento al tema della pedofilia nella Chiesa”, laddove, a suo avviso, Benedetto XVI è invece il papa che ha affrontato la questione “con piglio, autorità e chiarezza esemplari”. E conseguentemente (certamente memore della migliore Inquisizione, e forse rimpiangendo la fine dei roghi di eretici) ha chiesto la chiusura del programma e la cacciata di Vauro dalla Rai; ed ha proposto il rifiuto del pagamento del canone RAI.

Ma non occorre certo andare troppo lontano per trovare riscontri magisteriali di tale atteggiamento.  Uno dei moniti più severi verso la libertà di critica è infatti quello espresso nell’Enciclica “Mirari vos” di Gregorio XVI (del 1832) che si scagliava a testa bassa contro la libertà di pensiero, di parola e di stampa “che alcuni osano pretendere”. Il fatto è che ai non cattolici appare chiaro come il papa sia un comune mortale su cui si può benissimo fare satira: tanto più se con intento ‘costruttivo’; tanto più se ispirata da vicende ignominiose che da sé stesse infangano i sacerdoti. Se infatti costoro ed il papa non contraddicessero con il loro operato quanto pomposamente predicano, quasi nessuno si prenderebbe la briga di contestare con la satira (piuttosto che con la ragione) i loro assunti teologici.

Chi si indegna per una satira strettamente ispirata dalla cronaca non può che avere la coscienza sporca, essere in malafede o pregiudizialmente di parte; perché se e quanto la chiesa fa anche del bene (ai singoli o alla società), ciò non la esenta dalla colpa della pedofilia e da quella di avere a lungo insabbiato il problema; e la satira è il meno della pena che il clero si potesse attendere.

La distinzione fra satira sui preti e satira antireligiosa è importante. Nel 2005 suscitò grande clamore la pubblicazione delle vignette su Maometto da parte di un giornale danese. I disegnatori, secondo un costume ampiamente condiviso in occidente, rivendicavano piena libertà di espressione; ma da parte musulmana purtroppo le reazioni furono particolarmente violente, ed in qualche caso perfino sanguinarie. Oltre che per l’atteggiamento di fondo beffardo dei disegnatori, si levarono clamorose proteste per la violazione stessa della norma (o tabù) che vieta in assoluto qualunque rappresentazione grafica del profeta. Nulla di simile potrebbe ovviamente accadere oggi nel contesto secolarizzato del cristianesimo. Per cui, volendo estendere il discorso sulla satira ad altre fedi, questa fondamentale differenza fra mondo islamico e mondo ‘cristiano’ va sottolineata. A titolo di esempio, nell’aprile del 2012 Adel Imam, uno dei più grandi attori egiziani degli ultimi 40 anni, è stato condannato a tre mesi di carcere da un tribunale del Cairo per aver “diffamato l’Islam” fra l’altro “offendendo” il lungo abito tradizionale (‘Jilbab’). Sorte simile per fortuna non era neanche ipotizzabile per Federico Fellini, che aveva proposto in un suo film un corrosivo defilè di moda clericale, in piena epoca democristiana.

Nel 2006 la Corte di Cassazione aveva definito la satira “manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ‘ridendo mores’, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene"; più o meno quello che ai suoi tempi proponeva Domenico Tempio.

Da non credenti possiamo dunque consolarci, anche meditando sul fatto che un tempo non solo era impossibile criticare la religione (o solo i preti), ma addirittura non la si poteva ignorare; purtroppo non esisteva il telecomando per la messa e chi non partecipava era ostracizzato e demonizzato (più o meno quel che accade oggi  nei paesi dell’islam più rigoroso).

 

 

 

 

 

Le preoccupazioni della chiesa

La Chiesa è molto preoccupata per la mancanza di religiosità nel Natale. Secondo un'inchiesta ufficiosa, il solo momento nel quale la maggior parte della gente nomina il nome di Dio è quando controlla il cartellino dei prezzi.

 

Il dramma delle suore

Un gruppo di suore di una missione in Africa, ricevute dal Vescovo, racconta una terribile esperienza vissuta: “Sono arrivati dei selvaggi nella missione ed hanno violentato tutte le suore, tranne suor Evelina”, “E perché non suor Evelina?” chiede il Vescovo, “Perché lei non voleva”.

 

L’equivoco di Gesù

In paradiso Gesù e San Pietro stanno chiacchierando. Ad un certo punto vedono arrivare un vecchietto. Gesù lo guarda attentamente e dice: “Eppure mi sembra di conoscerlo!”. Si rivolge al vecchietto e gli chiede: “Ma tu non facevi il falegname?”, “Si”, risponde quello. “Ma tu non avevi un figlio molto, ma molto particolare?” “Si, è vero” risponde il vecchietto sconcertato. “Papà” esclama allora Gesù, commosso. “Pinocchio!” replica il vecchietto, abbracciandolo.