Recensione a:

MICHAEL SHERMER, Homo credens.
ISBN 978-88-98602-07-0
Nessun Dogma, UAAR, Roma, 2015. Pagine 44.

 di Francesco D'Alpa

Tanto di cappello, una volta di più, per Michael Shermer, direttore di ‘Skeptic’ e fra i fondatori della ‘Skeptic Society’, del quale ben conosciamo da anni l’impegno, e che non ha alcuna remora a trattare religione e religiosità alla pari di qualunque pseudoscienza, per l’ampio fondo comune che ne predispone la penetrazione in ampi strati della popolazione, non solo fra i meno acculturati, a motivo di una ben analizzabile propensione biologica alla irrazionalità.

I temi affrontati in questo denso e documentatissimo volume sono certo ben noti nelle loro linee generali ai cultori della materia, ma la mole di dati, di esperienze, di valutazioni critiche in esso concentrati sono tali da renderne quasi indispensabile la lettura. Impossibile farne l’elenco, fin troppo esteso. Limitandoci ai temi più vicini a questa rivista, va posto in primo piano il rilievo dato da Shermer a due concetti chiave: lo schemismo e l’intenzionismo, ovvero le tedenze innate a cercare dappertutto un ordine ed una intenzione; non a caso due presupposti delle credenze in una qualche divinità.

La minuziosa analisi di Shermer poggia soprattutto sulle acquisizioni delle neuroscienze, indubbiamente la forma attualmente più avanzata di conoscenza dell’uomo. Esse ci sono di ausilio nel sostenere che il Dio cui credono milioni di umani è un Dio interiore, la cui idea si genera all’interno della nostra struttura biologica e viene alimentata dalla cultura in cui cresciamo; fuori da questo mondo interiore non esiste alcuna entità soprannaturale.

Annullata questa presunzione del divino, crollano tutte le certezze delle tradizioni religiose, in quanto ogni loro costrutto è opera puramente umana. Contrariamente a chi postula il contrario, non esiste alcun neurone della fede; non esiste alcuna anima; ed utilizziamo il termine mente solo per descrivere dei processi che avvengono nel cervello, destinati ad estinguersi con la sua morte. Solo studiando le attività neurali possiamo comprendere come nascono le credenze, quali rapporti esistono fra l’azione dei neurotrasmettitori e le esperienze religiose, cosa generi le sensazioni di benessere associate alle pratiche religiose, quale rapporto esista fra creatività e psicoticità, come sia possibile il pensiero eretico, e così via.

Dall’introduzione della risonarza magnetica fuzionale alla scoperta dei neuroni specchio ed oltre abbiamo assistito ad una progressiva materializzazione di tutto ciò che per secoli, se non millenni, si è creduto immateriale ed accessibile solo tramite un contatto con il soprannaturale.

Così come quella di dio, l’idea di aldilà trova una ragion d’essere solo in un certo funzionamento o malfunzionamento cerebrale (ad esempio quello che sottende alle cosiddette esperienze di premorte o di uscita dal corpo).

Con molta franchezza, Shermer ricorda la sue convinzioni religiose giovanili, delle quali faceva ampio proselitismo; ma che ha poi rigettato, una volte addentratosi nel discorso scientifico. E con altrettanta decisione proclama il suo essere scettico, disattendendo le aspettative di vorrebbe da lui una dichiarazione di aperto ateismo; scegliendo conseguentememte quella che può essere definita una posizione di ‘ateismo debole’, ovvero di non credenza in entità soprannaturali per mancanza di prove contrarie.