La battaglia sui non nati

di Francesco D’Alpa

[L’ATEO, 3/2018]

 

Gli embrioni ed i feti alle prime settimane di gestazione sono sempre coinvolti, in quanto al loro destino, nel più generale conflitto fra scienza e istituzioni ecclesiastiche, che sempre più accusano le ‘ideologie di morte’ (o presunte tali) atee, dimenticando (o facendo finta di farlo) quegli assunti che appartengono storicamente alla propria cultura e che pr0prio come tali dovrebbero essere prioritariamente difesi.

L’aspetto a mio avviso più sconcertante della questione è la dissociazione, di fatto compiuta dalla teologia, fra il piano naturale e quello (per noi del tutto fantasioso) ‘soprannaturale’. Fino allo sviluppo della scienza moderna sembrava abbastanza chiaro alla Chiesa quale fosse l’inizio della vita propriamente umana: il momento della ‘animazione’ della materia (ed infatti, secondo la ‘Bibbia’, anche la creazione di Adamo era stata un processo di successiva ‘animazione’ della materia già ‘manualmente’ preformata, e non piuttosto un singolo atto creativo), e per tale motivo se ne questionava semplicemente il ‘quando’. In estrema sintesi (e tenuto presente che vitalità ed animazione non erano sinonimi, essendo riconosciuta una pura vita vegetativa prima dell’animazione ‘razionale’) il dilemma era fra una animazione precoce (alla fecondazione o giù di lì) ed una tardiva (anche posticipata fino a 40-80 giorni dal concepimento). [1]

Ma la soluzione ‘filosofica’ di tale questione implicava poi ben poco dal punto di vista pratico, in quanto, in ogni caso, il prodotto abortivo delle prime settimane di gravidanza non veniva considerato altro che un ‘pezzo’ della madre, senza alcuna rilevanza giuridica, senza alcuno statuto sovrannaturale: non gli veniva somministrato il battesimo, non venivano celebrati funerali, non si ipotizzava una futura resurrezione.

In seguito la questione è divenuta molto più complessa; sempre più l’embrione è stato considerato un uomo in formazione, e progressivamente gli sono stati attribuiti dei requisiti, fino all’odierno concetto teologico di ‘persona’ che si ritiene valido per ogni stato di sviluppo, ovvero sin dallo stadio di zigote. [2] Ciò, lo ribadisco, a prescindere dalle elucubrazioni sulla ‘animazione’. [3]

Che la Chiesa attribuisca oggi un così grande valore alla ‘vita’ certamente sorprende, laddove si guardi alla sua storia millenaria, durante la quale si è sempre affermato che l’unico valore dell’esistere è il meritare un ‘passaporto’ per l’eternità.

L’Istruzione “Dignitatis personae” sembra vagamente ricordare tale assunto, laddove sostiene l’intrecciarsi di «due dimensioni di vita, quella naturale e quella soprannaturale» [4]; e dove più in particolare afferma: «La Chiesa cattolica, nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita.» [5]

Questa ‘visione integrale’, come è facile constatare, non è una applicazione autonoma di propri principi teologici, che si sono dimostrati decisamente mutevoli, ma il frutto imperfetto di una sopravvivente autoritaria ‘riserva morale’ su tutto ciò che riguarda la ‘vita’: non potendo più impedire i progressi della scienza, si finge di riconoscerne entro certi limiti i benefici. [6]

Ma veniamo al centro della questione che intendo proporre; qual è lo statuto ‘soprannaturale’ dell’embrione, ovvero il solo argomento che in definitiva dovrebbe interessare gli uomini di Chiesa?

Possiamo capirne qualcosa di più riallacciandoci alla problematica della recente ‘abolizione del limbo’. Secondo una radicata tradizione cattolica questo é il ‘luogo’ in cui vengono permanentemente accolti i bambini morti senza battesimo (che dunque non sono stati liberati dalla ‘colpa’ del peccato originale), e che ovviamente non hanno commesso (né lo potevano) alcun peccato personale. [7] Fra questi andrebbero compresi tutti gli esseri umani ‘fin dal loro concepimento’? In quei pochi importanti testi di bioetica che ho avuto modo di leggere la questione è assolutamente ignorata, come del resto lo é la questione della ‘animazione’ e perfino quella dell’esistenza dell’anima ‘immateriale’. Secondo quanto leggo, la bioetica infatti teorizza una visione cattolica della vita nel più ampio disconoscimento possibile dell’oltrevita; dunque invertendo del tutto i termini rispetto ad una solida secolare tradizione teologico-morale.

Invano ho cercato in questi testi la risposta a quesiti ai quali i teologi dovrebbero rispondere (e saper concordemente rispondere) prima di dettare norme comportamentali; ad esempio: Dio è obbligato dall’uomo (che comanda il processo di fecondazione) a creare un’anima? L’anima è già infusa nello zigote in provetta? L’anima dell’embrione congelato ha una sua attività? [8] L’embrione parteciperà della resurrezione finale, ed in tal caso, quale sarà il suo corpo? [9]

Al di là degli astrattismi filosofici [10], di oggi come di ieri, quale è in ultima analisi l’atteggiamento ‘pratico’ del clero e dei credenti di fronte al problema degli embrioni eliminati, degli aborti precoci, dei non nati, e così via? Partiamo dall’attuale ‘Catechismo della Chiesa Cattolica’, che così innanzitutto dispone: «[2300] I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità, nella fede e nella speranza della risurrezione». Sembra doversi dedurre (in contraddizione con il senso comune dei credenti) che non tutti i corpi (non si accenna alle anime!) risorgeranno. Fra questi possiamo comprendere gli embrioni, soprattutto quando, alla loro morte, non hanno ancora un corpo definito? Il rispetto deve includere il rispetto delle loro anime, e dunque, conseguenzialmente prevedere un battesimo?

Andando avanti con il ‘Catechismo’ troviamo la seguente affermazione: «[2301] L’autopsia dei cadaveri può essere moralmente ammessa per motivi di inchiesta legale o di ricerca scientifica. Il dono gratuito di organi dopo la morte è legittimo e può essere meritorio.» Ma l’embrione non vitale è un cadavere o non lo è? Ed eventualmente, a che stadio di sviluppo interrotto lo si può considerare un cadavere? Se cadavere è, i teologi dovrebbero affermare senza esitazioni che può essere moralmente oggetto di ricerca scientifica o di donazione gratuita di organi (ovviamente previo consenso dei genitori cui è delegata ogni scelta legale in suo nome).

Che sia cadavere umano in tutti in tutti i sensi lo affermano con decisione quanti celebrano i funerali ed il seppellimento dei corpicini abortiti, senza distinzione fra le diverse fasi dello sviluppo embrionale o fetale. [11]

Il seppellimento dei morti è considerato dai credenti una delle ineludibili opere di ‘misericordia’, ovvero una di quelle «azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali.» [12] Sappiamo bene che il cristianesimo si è sempre interessato del destino delle ‘spoglie mortali’ dei suoi fedeli defunti (assai meno di quella dei non fedeli!), ma l’idea che lo stesso trattamento debba essere riservato anche agli embrioni ed ai feti umani fin dal concepimento è nata in tempi fin troppo recenti, per non giudicarla una estensione indebita del pensiero originario.

Quale possa essere il soccorso materiale e spirituale dato all’embrione (perfino quando ‘eliminato’ già in provetta), seppellendolo, non riesco proprio a capirlo (e non mi sembra neanche un problema che la Chiesa si sia mai posta prima). Eppure se ne occupano gruppi organizzati, e sono stati elaborati dei precisi rituali, ad imitazione del funerale tradizionale. Nel caso dell’Italia il primo esempio citato è quello dell’Associazione ecclesiale ‘Armata Bianca’ dell’Aquila, che nel 1989 eseguì il seppellimento di un feto abortito. Al presente sono più note l’Associazione ‘Comunità Papa Giovanni XXIII’ (che sin dal 1999 pratica la sepoltura di feti abortiti, volontariamente o spontaneamente, fra le 12 e le 20 settimane di gestazione) e l’Associazione ‘Difendere la Vita con Maria’ (anch’essa operante dalla fine degli anni ’90, per ottenere il seppellimento di embrioni e feti umani abortiti, anche in convenzione con vari ospedali).

L’intento dichiarato di gruppi consimili è quello di includere feti abortiti in età gestazionale sempre più precoce, anche laddove il prodotto abortivo è poco più che una massa informe, spesso mescolata nell’aspiratore con altri resti. [13]

La risposta della Chiesa a tali spinte di base appare piuttosto interlocutoria e non priva di contraddizioni. Secondo l’attuale ‘Codice di Diritto Canonico’ (del 1981) «Ai fedeli defunti si devono dare le esequie ecclesiastiche a norma del diritto» (Canone 1176), e «l’Ordinario del luogo può permettere che si celebrino le esequie ecclesiastiche per i bambini che i genitori intendevano battezzare, ma che sono morti prima del battesimo» (Canone 1183).

Ma è quanto mai evidente che l’embrione abortito non era un “fedele”; e comunque altro è dire ‘embrione’, altro è dichiarare che si tratta di un ‘bambino morto prima del battesimo’ (chiara tradizionale allusione al post-partum). Non a caso non esiste un rito ufficiale per le esequie dei bambini morti prima di nascere, per i quali semplicemente si ‘adatta’ la messa funebre per i bambini non battezzati introdotta nel Messale Romano nel 1970 [14], che amplia le prescrizioni circa il suffragio «anche per tutti i defunti, dei quali solo Dio ha conosciuto la fede. [15]

Questo affaccendarsi indubbiamente rispecchia più il desiderio dei genitori che l’interesse dell’embrione o del feto. Servirebbe infatti quasi esclusivamente ad elaborare il ‘lutto prenatale”: una indiretta dimostrazione a mio avviso della scarsa accettazione intima attuale di quelle morti che una volta erano accettate (addirittura ‘gioiosamente’) come espressione del ‘volere di Dio’. [16]

 

 

Note.

[1] Gli antichi dibattiti della tomistica su ‘forma’ e materia’ hanno perduto ogni attualità di fronte alle acquisizioni della genetica, forzatamente accettate dai teologi: «Il corpo di un essere umano, fin dai suoi primi stadi di esistenza, non è mai riducibile all’insieme delle sue cellule. Il corpo embrionale si sviluppa progressivamente secondo un “programma” ben definito e con un proprio fine che si manifesta con la nascita di ogni bambino.» [Congregazione pe la Dottrina della fede: «Istruzione Dignitatis personae su alcune questioni di bioetica», 12 dicembre 2008, n. 4]

[2] «L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita» (‘Dignitatis personae’, n. 4) Si noti l’incongruenza nel distinguere gli ’esseri umani innocenti’, dunque ammettendo implicitamente che altri esseri umani (colpevoli di che nella vita embrionale e fetale?) possano avere un diverso trattamento.

[3] «Certamente nessun dato sperimentale può essere per sé sufficiente a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le conclusioni della scienza sull'embrione umano forniscono un’indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana? Il Magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in maniera costante la condanna morale di qualsiasi aborto procurato. Questo insegnamento non è mutato ed è immutabile.» [Congregazione pe la Dottrina della fede: «Istruzione Donum vitae sul rispetto della vita umana e la dignità della procreazione.» 22 febbraio 1987, n. I,1]

[4] ‘Dignitatis personae’, n. 9.

[5] ‘Dignitatis personae’, n. 3. Ma quel ‘non raramente’ sembra proprio la conferma del fatto che la vita materiale quasi sempre non è stata la maggiore preoccupazione delle Chiese in genere, e del cattolicesimo in particolare.

[6] «La Chiesa, giudicando della valenza etica di taluni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale.» [‘Dignitatis personae’, n. 10]

[7] L’idea dell’esistenza di un così insensato regno di mezzo fra quelli degli eletti e dei dannati era oramai divenuto una spina nel fianco della catechesi, impegnata nell’esaltare la infinita misericordia di Dio, specialmente dopo il Concilio Vaticano II (nel quale il ‘limbo’ non é stato mai menzionato; seguito a ruota dal ‘Catechismo’ del 1992). Ma cancellando il limbo si è di fatto introdotto un nuovo ‘mistero’ della fede.

[8] «Per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare di loro? Alcuni si pongono tale interrogativo senza coglierne la sostanza etica, motivati unicamente dalla necessità di osservare la legge che impone di svuotare dopo un certo tempo i depositi dei centri di crioconservazione, che poi saranno nuovamente riempiti. Altri sono coscienti, invece, che è stata commessa una grave ingiustizia e si interrogano su come ottemperare al dovere di ripararvi. Sono chiaramente inaccettabili le proposte di usare tali embrioni per la ricerca o di destinarli a usi terapeutici, perché trattano gli embrioni come semplice “materiale biologico” e comportano la loro distruzione. Neppure la proposta di scongelare questi embrioni e, senza riattivarli, usarli per la ricerca come se fossero dei normali cadaveri, è ammissibile.» [‘Dignitatis personae’, n. 19]. «La crioconservazione è incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani» [‘Dignitatis personae’, n. 18]. Eppure, secondo la teologia tradizionale l’anima è sempre attiva ed agisce meglio quando è libera dai legami con il corpo.

[9] Ovviamente non troveremo mai un religioso così coraggioso da abbozzare quantomeno un proprio parere su tale questione. E del resto è facile individuare delle analogie con le polemiche sulla cremazione (ora in qualche modo ammessa, ‘purché non si intenda con essa negare la resurrezione dei corpi’).

[10] Si tenga ben presente che fino al Settecento circa gli studiosi di scienze naturali non si definivano ‘scienziati’ ma ‘filosofi’.

[11] Del resto così affermava Giovanni Paolo II: «I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani» [‘Donun Vitae’, I, 4.] Dunque, esplicitamente, anche gli embrioni prodotti in vitro e manipolati nei primi 14 giorni.

[12] ‘Catechismo della Chiesa cattolica’, n. 2447.

[13] Va notato che, in tali casi, la sepoltura cimiteriale è del tutto anonima, anche perché il registro civile non registra alcuna nascita. E viene considerato umiliante che nella piccola bara il corpicino venga denominato “Prodotto abortivo

di: nome e cognome della madre, con la data di espulsione”.

[14] CEI, Nuovo Rito delle esequie, 2011.

[15] Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, 2002.

[16] «Per i bambini morti prima d’aver sette anni, la sepoltura riveste un carattere di gioia: il sacerdote indossa paramenti bianchi, canta salmi esprimenti gioia, celebra la Messa degli Angeli; e tutto l’insieme pare un invito a rallegrarsi, perché un angioletto è salito in cielo a lodare e benedire Iddio» [Maccono F.: Il valore della vita. Commento dogmatico-morale al Catechismo di Pio X. Parte quarta. Il culto o sacra liturgia.  Società Editrice Internazionale, Torino, 1924; ristampa 1954, pp. 176-177]