Capitolo primo - Un puzzle biografico

 Caterina Fieschi Adorno, per quanto dichiarata ‘Dottore della Chiesa’, è personaggio di non eccessiva importanza nel pantheon cattolico. Esaltata ai suoi tempi per le opere di carità e per il contenuto teologico di due opere in buona parte impropriamente attribuitele (e che avrebbe perlopiù dettato durante lunghe estasi), la sua notorietà è stata a lungo legata ad una teoria del Purgatorio, alla quale oggi non troppi credenti possono onestamente sostenere di aderire.

Di lei è rimasto forte il ritratto di mistica e di donna caritatevole, senza altro ideale che vivere d’amore per Dio e per il prossimo. Un ritratto dietro cui si cela una personalità problematica, sconcertante, profondamente inattuale se osservata con disincanto.

Nel tempo sono state avanzate molte ipotesi sui suoi evidenti comportamenti anorettici e su di una possibile patologia psichiatrica di fondo (isteria o disturbo bipolare); ma si sono quasi sempre trascurati i molti sintomi somatici ampiamente descritti dai redattori dei “Manoscritti” e della “Vita mirabile”, e da loro interpretati come segni del soprannaturale. L’interesse strettamente medico è stato quasi sempre rivolto alla sola malattia terminale, probabilmente una patologia tumorale. Ma a ben leggere, sia nei  “Manoscritti” che nella “Vita mirabile” si riscontrano chiare tracce di un problema medico-psichiatrico, palese già decenni prima della morte.

Il presente lavoro prende in analisi soprattutto questi dati e propone una originale ipotesi interpretativa medica postuma. A tale scopo vengono analizzati nei loro aspetti medici, psicologici e psichiatrici solo alcuni passaggi significativi dei “Manoscritti” e della “Vita mirabile”. Una analisi critica particolareggiata del “Corpus Catharinianun” sarà invece oggetto di un successivo e ben più ampio saggio: “Caterina da Genova e i suoi biografi”.

Della vita e della personalità di Caterina esiste di fatto una sola dominante interpretazione, quella spirituale; e non potrebbe essere diversamente, giacché i suoi biografi sono inevitabilmente credenti e la maggior parte di loro ha fatto professione religiosa.

Secondo il punto di vista teologico, il tratto psicologico fondamentale della vita di Caterina è il suo colloquio con la divinità: Caterina è profondamente assorbita dal pensiero di Dio, comunica con lui, ne riceve gli insegnamenti, gli si dona totalmente; è preda di un intenso e perdurante ‘fuoco amoroso’ che la purifica e le consuma il corpo; tutto quanto è in lei modificazione corporale proviene dall’azione dello spirito; ogni suo malessere, e financo la sua malattia terminale, hanno una relazione con il soprannaturale se non direttamente una origine soprannaturale.

Secondo il punto di vista psicologico, laddove le è compiacente, Caterina ha una personalità ricca, complessa, la cui traiettoria vitale procede coerentemente da una fase di ricerca interiore ad una matura operosa creatività ed espansività, per concludersi con una piena e consapevole affermazione del sé.

Secondo il punto di vista psichiatrico, Caterina mostra invece, per lunghi periodi, chiari segni di disagio psichico, è preda di un disturbo bipolare ed ha problemi di isteria e di anoressia. Ma per molti analisti è santa e ammirevole nonostante tutto questo, ed i problemi fisici e psicologici hanno semmai contribuito ad affinarla spiritualmente.

Per quanto riguarda il giudizio medico, le poche analisi si sono soffermate quasi solo sulla sua malattia terminale, forse ritenendo il resto della fenomenologia corporea di limitato interesse nel contesto generale, laddove l’intreccio di somatico e psichico avrebbe potuto invece suggerire altre ipotesi diagnostiche.

In definitiva, si sono contrapposte analisi parziali e fra di loro in gran parte incompatibili: teologica, psicologica, psichiatrica, medica. Quest’ultimo approccio, ai nostri tempi, non può che essere il più ragionevole e dunque per molti versi prioritario. La valutazione dell’impatto sulla personalità di un problema medico con possibili risvolti psichiatrici deve infatti senz’altro precedere ogni analisi prettamente psicologica, psichiatrica o teologica: non a caso il parere medico viene oramai richiesto perfino dalle autorità religiose all’atto di giudicare della santità di un probando, o della soprannaturalità di supposti eventi miracolosi.

Nel caso di Caterina è possibile avvalersi di una documentazione limitata e forse non di primissima mano, ma probabilmente assai vicina ad un resoconto abbastanza realistico di molti fatti della sua vita. Quanti assistevano alle ‘operazioni’ che si compivano sul suo corpo ne restavano infatti totalmente confusi, e per questo le hanno descritte in modo quanto mai immediato, senza eccessivi tentativi di interpretazione. Ciò rende in più punti queste descrizioni al tempo stesso una straordinaria anamnesi ed un plausibile esame obiettivo.

Ma quali erano i problemi medici di Caterina, e quanto possono avere influito sulla sua vita e sul suo pensiero? Ed in che misura i non interpretabili fenomeni psico-fisici hanno contribuito a definire la sua santità? Il percorso diagnostico da me seguito cerca di mettere in correlazione una o più patologie somatiche e manifestazioni psicofisiche di vario genere.

Punto di partenza è necessariamente l’evento finale della vita di Caterina: un ittero accompagnato da un vistoso quadro gastro-intestinale e neurologico, interpretabili come dovuti ad una patologia epato-biliare primitiva o secondaria, forse un tumore, eventualmente metastatico. Ma questa patologia terminale ha una qualche correlazione con le sofferenza di Caterina in anni lontani? C’è una relazione fra gli ‘straordinari’ fenomeni corporali progressivamente sempre più frequenti ed accentuati (svenimenti, bruciori, saette, etc…) e gli analoghi più radi fenomeni riferiti a molti anni prima? E che dire delle presunte manifestazioni ‘soprannaturali’ osservate nelle ultime settimane di vita: le estasi, le visioni, i colloqui soprannaturali? Hanno qualcosa in comune con le analoghe manifestazioni ‘soprannaturali’ degli anni migliori? Come è possibile che un quadro sindromico presente decenni prima, descritto come prettamente psichico (o eventualmente psicosomatico), come espressione di un processo di perfezionamento spirituale e come manifestazione del divino, si sia trasformato lentamente nel tempo (e tumultuosamente nelle ultime settimane) in un’abbastanza similare quadro sindromico a chiara predominanza somatica?

Una ipotesi possibile è che tutte o la maggior parte di queste manifestazioni derivino da una patologia che interessa estensivamente l’organismo con forti ripercussioni psicosomatiche e sul rapporto fra cervello e mente. Tale patologia deve avere carattere di cronicità; deve avere espressione clinica abbastanza episodica nei suoi esordi, per poi divenire sempre più assillante e continua; deve risultare quanto mai difforme dalle osservazioni cliniche possibili ad un medico dell’epoca di Caterina; deve giustificare certi effetti del regime di vita di Caterina e l’esito infelice di alcuni tentativi terapeutici; e così via. Alla luce delle conoscenze attuali ed a confronto con similari significative storie cliniche, la mia ipotesi di lavoro è che Caterina soffrisse di una rara malattia genetica, del gruppo delle porfirie, della quale evidenzierò una serie di indizi.

Il ‘Corpus catharinianum’

Occorre precisare preliminarmente che, a parte limitate datazioni e pochi approssimativi riferimenti temporali ed eccettuata la minuziosa descrizione delle ultime settimane di vita, non è possibile riferire la gran parte di quanto è raccontato nella “Vita mirabile” ad un ben delimitato arco temporale, né di molti eventi è possibile stabilire la durata o la frequenza; il che complica non poco il procedimento diagnostico. 

Della vita di Caterina Fieschi si conosce nel complesso ben poco. L’unica fonte, sia dal punto di vista biografico che riguardo ai supposti ‘insegnamenti’, è il ‘Corpus Catharinianum’ del quale fanno parte diversi Codici manoscritti (alcuni di incerta datazione) e la “Vita mirabile”, che da essi fondamentalmente deriva, stampata a Genova nel 1551.

Il resto è quasi tutto pura agiografia creativa, che illustra (ed in parte inventa) un percorso spirituale che si reputa giunto fino ai gradi più elevati di perfezione. Responsabile di questa ampia riscrittura è soprattutto un sacerdote, Giacinto Parpera (1645?-1700), attivo al tempo della beatificazione di Caterina (1675), autore di tre fondamentali volumi che costituiscono la fonte secondaria cui hanno attinto a piene mani le agiografie successive.[1] Un successivo importante contributo è venuto da un non religioso, Friedrich von Hugel (1852-1925),[2] i cui due volumi[3] offrono ampi e minuziosi contributi alla ricerca storica, ma il cui lavoro complessivo è purtroppo gravato da una evidente sovrastima delle doti mistiche e delle conoscenze teologiche della santa genovese. Ultima pietra miliare è la più recente ampia opera di un altro religioso, il cappuccino Umile Bonzi (1898-1969).[4]

Secondo la ricostruzione di Parpera, poco dopo la morte di Caterina cominciò a circolare a Genova una narrazione manoscritta della sua vita. Probabilmente è a questo manoscritto che si fa riferimento nei “Castigatissimi annali”, compilati dal vescovo e cronachista genovese Agostino Giustiniani (1470-1536), pubblicati nel 1537, che costituiscono la prima testimonianza storica a stampa su Caterina:

Et nel mese di Setembre piacque a Dio di tirare a sè la felice e beata memoria di madona Catarinetta Adorna, la quale fu figliola di Giacobo di Flisco vice Re di Napoli per il Re Raniero, e fu moglie di Giuliano Adorno. Col quale visse molti anni in castità maritale: e la vita sua poi che la benignità divina li tocò il core in gli anni della sua gioventù, è stata tuta charità, amore, mansuetudine, benignità, patientia, astinentia indicibile, e specchio di ogni virtù, tal che si può comparare a S. Chaterina da Siena. Et tutta la città è stata partecipe e ha sentito l’odore delle virtù di questa santa matrona, la quale tra l’altre cose ha parlato sendo ratta in spirito del stato delle anime, che sono nel purgatorio ecellentemente, cose rare e degne da esser udite da quelle persone alle quali gusta la vita religiosa e spirituale. Il suo corpo è sepulto nell’oratorio dell’hospital maggiore, e dona vista non meno admiranda che veneranda, come che sia tutto che integro, con la carne, che par viva come se fussi sepulta hoggi, conciosia che sono passati venticinqu’anni che essa giace, sarebbe degna cosa a scrivere el gran sentimento di Dio le singulari virtù le sante opere accompagnate da una immenza charita di questa venerabil matrona, non dimeno la lascieremo per brevità: massimamente che di queste cose sole da persone degne di fede ne è stato composto un degno libro.[5]

Nei primi quaranta anni trascorsi dopo la sua morte, dovettero probabilmente circolare diverse copie più o meno complete di un testo oggi perduto. La più importante è il cosiddetto “Manoscritto Dx”, certamente conosciuto ai tempi della canonizzazione, ma rinvenuto solo nel Novecento e pubblicato nel 1962 nella edizione critica curata da Umile Bonzi.[6]

La “Vita mirabile”, stampata a Genova nel 1551, venne redatta riordinando (con poche, anche se talora importanti, varianti) il testo dei “Manoscritti”, ma soprattutto aggiungendovi una cospicua quantità di materiale di incerta fonte.

Autori della “Vita mirabile” vengono abitualmente ritenuti il sacerdote Cattaneo Marabotto (13450?-1528)[7] ed il notaio Ettore Vernazza (1470?-1524),[8] l’uno ‘direttore spirituale, l’altro ‘figliolo spirituale’ di Caterina. In realtà a loro va semmai attribuita la scrittura o ricopiatura di uno o più “Manoscritti”, essendo morti già da alcuni decenni all’epoca della pubblicazione della “Vita mirabile”.

Fra i “Manoscritti” e la “Vita mirabile”, è bene sottolinearlo, esiste una fondamentale differenza. I “Manoscritti” sono sostanzialmente un racconto disordinato della vita di Caterina ed una trascrizione frammentaria (in gran parte ‘per detti’) del suo pensiero, con l’aggiunta di evidenti glosse teologiche dei compilatori. I redattori della “Vita stampata” hanno messo in migliore ordine quanto presente nei “Manoscritti”, convertendo nell’italiano del tempo gli arcaismi linguistici ed i termini dialettali originari, ma soprattutto enucleandone una prima sezione come indipendente “Trattato del Purgatorio” ed una seconda sezione come ‘prima parte’ del “Dialogo spirituale”. A ciò hanno aggiunto: per quanto riguarda in senso stretto la “Vita”, ampie glosse teologiche; per quanto riguarda il “Dialogo Spirituale” una seconda e terza parte, di assai dubbia fonte cateriniana, quanto mai convenzionale e di ben scarso interesse.

Nel presente saggio utilizzo il termine “Opus Catharinianum” per indicare l’insieme di quanto scritto nel “Manoscritto Dx” [Ms Dx] (del quale riporto prioritariamente la versione) e nella “Vita mirabile” [VM]; talora cito qualche passo presente nel “Manoscritto A” [Ms A],[9] ma non nel [Ms Dx] e nella “Vita mirabile”. Della “Vita Mirabile” cito solo quanto non presente nei “Manoscritti”. In alcuni casi, viste le significative divergenze, le diverse fonti sono messe direttamente a confronto.

 

[1] [PAR-1], [PAR-2], [PAR-3].

[2] Friedrich von Hugel (1852-1925) si convertì dall’anglicanesimo al cattolicesimo e fu simpatizzante delle correnti moderniste, senza tuttavia porsi in contrasto con la Chiesa cattolica. È autore di molti testi, fra cui l’imponente studio su Caterina Fieschi, che resta, assieme a quello di Umile Bonzi, il più importante del Novecento.

[3] [vH-1] [vH-2].

[4] [BNZ-1], [BNZ-2]. Giovanni Bonzi, in religione padre Umile Bonzi da Genova (1898-1969), cappuccino, ordinato nel 1925, autore di varie opere di pubblicistica ascetica e storica.

[5] Giustiniani (1537), Car. 266-267.

[6] Il “Manoscritto Dx” (così denominato da Umile Bonzi), è la più antica versione conosciuta dei codici cateriniani; fu redatto quasi certamente intorno al 1520.

[7] Frequenta a lungo il servizio degli infermi presso l’ospedale Pammatone di Genova, di cui viene in seguito nominato rettore. Dapprima ‘figlio spirituale’ di Caterina, diviene poi suo direttore spirituale negli ultimi anni di vita. È certamente coautore dello “Opus Catharinianum”. Nel suo Codicillo del 12 settembre 1510, Caterina gli affida il compito di decidere, assieme a Giacomo Carenzio, il luogo della propria sepoltura.

[8] Conosce Caterina probabilmente durante l’epidemia di peste del 1493 e dopo circa due anni diviene un suo discepolo. Intorno al 1497-1498 avrebbe cominciato a registrate i detti di Caterina, dapprima solo occasionalmente, ed è certamente coautore dello ”Opus Caterinianum”. Fu instancabile fondatore e organizzatore di innumerevoli opere assistenziali, in varie città d’Italia. A sua figlia Battistina si deve probabilmente la redazione di una parte considerevole della “Vita mirabile”, ed in particolare del “Dialogo spirituale”.

[9] Si tratta della trascrizione seicentesca di un originario perduto manoscritto.