‘Francino. L’altra storia di Francesco d’Assisi’. Di Giuseppe F. Merenda. Armando Editore, 2005. Euro 28.

Maliziosamente celato dietro il paravento di una erudizione che intende far credere cresciuta sui libri da bancarella, ma in realtà meditato frutto di vaste frequentazioni libresche, ed usando adeguatamente le personali competenze psichiatriche, Merenda propone, con il suo ‘Francino’ un gustoso, anche se a molti apparirà prolisso, divertissement, che ha per ingredienti principali la superficialità narrativa, le inadeguatezze interpretative e la sudditanza psicologica all’ineludibile mito di una lunga sequela di interessati o compiacenti saggisti. Ne viene fuori non tanto e non solo un ritratto a tutto tondo di Giovanni Moriconi (detto Francesco; santo per la Chiesa), in persistente giullaresco disequilibrio sulla linea che separa l’insana santità dalla pura follia, quanto piuttosto l’evidenza meno convenzionale di una agiografia tradizionalmente orba, grazie alla quale l’inconfessabile psicopatologia è trasformata nella crisalide da cui sboccia una improbabile etica.
‘Francino’, oltre che un ammirevole saggio sulla psicologia del santo e su quella dei suoi santificatori, è una sorprendente rappresentazione a più voci della follia e della nudità. La follia di Francesco, innanzitutto, che appare così tanto drammaticamente cristiana ed ammirevole da indurre chi ne ha a prima vista riportato un’impressione di penosa alterità, a ripensarla come evidenza della santità; di contro, la follia degli agiografi, che nell’ovvia esaltazione di parte rigettano ogni ragionevole dubbio sull’uomo Francesco fino a (follemente) ritenerlo sano; e che cercando di essere credibili nel sottolineare la quasi ordinarietà del miracoloso, paradossalmente accrescono l’inverosimiglianza delle avventure ed il quoziente di insanità di Francino.
Poi la nudità: di Francesco, che è palesemente folle secondo l’impressione dei semplici ed i tradizionali parametri valutativi della ‘vox populi’; dei suoi agiografi, così visibilmente discordanti fra di loro da rendere difficile credere che stiano parlando di una persona storica; infine dell’autore stesso del saggio, che prima di sfoggiare una fine analisi psichiatrica del possibile vero Francesco, si veste della semplicità anticonvenzionale di Francino per deliziarci con le sue traboccanti amenità.
Con retorica modestia, l’autore indica nei tanti scrittori da lui sapientemente saccheggiati, i veri padri del libro, ma in realtà il suo è un intervento forte. Nessun aspetto della vita di Francino, forse quasi nessun rigo delle biografie di Francesco, sfugge all’implacabile setaccio. Se ne traggono le mille facce di una identità frantumata. Un Francino che parla con gli animali con la stessa naturalezza con la quale un tempo si dava un nome all’auto appena acquistata; che si libera quasi ritualmente dei suoi abiti durante un esilarante spogliarello; che ‘marcia su Roma’; dedito ala pratica dell’esproprio popolare ‘ante litteram’; ingenuo, irresoluto, ma anche irriconoscente e perfino iettatore; e mille altre cose.
Pagina dopo pagina, si svela un sapiente mescolamento di generi; fra il giocoso e l’ilare, il drammatico ed il grottesco, si dipana il filo conduttore di un racconto ottimamente retto, serio ed autorevole, che va ben oltre l’esegesi del canovaccio da cui hanno avuto spunto le teatresche rappresentazioni sulla vita del santo più amato (ma assai meno compreso) d’Italia.
E’ facile predire che l’irriverenza, o meglio l’indipendenza di giudizio di Merenda, verranno facilmente bollate come pensiero debole, e che il suo libro venderà meno copie di quante saranno le accuse di ignoranza e blasfemia sui blog cattolici.

Francesco D’Alpa

Pubblicato su: "L'Ateo" n. 54 (6/2007)