Editoriale

di Francesco D'Alpa

Pubblicato su L'ATEO, numero 2/2017

L’invito di Maria Turchetto ad esprimersi sul futuro (cartaceo oppure on-line) della rivista (vedi: L’ATEO, 6/2016) ha avuto un incoraggiante seguito e nelle pagine che seguono troverete una sintesi di quanto da noi ricevuto finora. Stando ai numeri, prevale decisamente l’affezione al cartaceo, per una maggiore maneggevolezza, forse anche per una questione di abitudine; da molti esso è considerato più adatto per gli approfondimenti e per gli articoli di più ampio respiro; inoltre non è minacciato dalla volatilità del digitale e dalla fragilità degli apparati elettronici di lettura. Altri invece ne lamentano il costo, l’inutile occupazione di spazio nelle biblioteche, la mancanza di quella dinamicità che contraddistingue il digitale. A qualcuno potranno sembrare argomenti triti e ritriti, ma è in ogni caso utile riprenderli di tanto in tanto per saggiare gli umori e allargare la discussione.

Noi della redazione ci sentiamo in ogni caso confortati dalle risposte dei lettori, in maggioranza di apprezzamento, che giungono in un momento chiave. In seno all’UAAR è in corso una importante riflessione sulle possibili nuove modalità comunicative intra ed extra associative, ed il nostro gruppo redazionale ne è ben partecipe. Dopo centodieci numeri e più di venti anni, certamente è un bene che qualcosa cambi o si aggiorni. Alcuni di voi hanno certamente seguito una recente serrata discussione, sulla lista telematica riservata agli iscritti UAAR, sui contenuti della rivista, sulla necessità che questa offra un maggiore spazio alle attività ed iniziative meglio centrate sui nostri scopi statuari. Alla discussione è seguita una importante messa a punto mirante alla definizione di un nuovo format, conforme alle richieste giunte all’attuale redazione sia dal Comitato di Coordinamento che dagli iscritti e lettori. Non è comunque il caso di anticipare qui le linee ispiratrici di un progetto in itinere; ma sin dal prossimo numero, e progressivamente, cercheremo di impostare un prodotto più in linea con quanto auspicato, per poi compiere (il nostro obiettivo è il numero celebrativo del trentennale dell’UAAR) una radicale svolta.

Al momento ci rifacciano alla consueta formula. Questo numero è dedicato, nella sua parte monografica alla ‘famiglia’; più in particolare alle ‘nuove famiglie’ di cui tanto di parla e sparla sui media. La famiglia resta infatti, pur in tutte le sue espressioni e istanze una struttura portante della nostra società, e l’UAAR non può non interessarsene a fondo, in quanto (pur cosciente della necessità di lasciare libere le scelte individuali, una per tutte quella in tema di religione) è protesa alla laicizzazione del contesto politico e sociale in cui le ‘nuove’ famiglie vengono a trovarsi, loro malgrado.

Che qualcosa cambi nel tempo è inevitabile; basti pensare al divorzio ormai entrato a far parte della nostra cultura come qualcosa di assolutamente naturale. Come leggerete in particolare nei contributi di carattere antropologico e sociologico (Francesco Remotti, Stefano Scrima), nella storia umana è sempre esistito al più solo un prevalente modello familiare, fra i tanti possibili e funzionali alle diverse culture. In tal senso, il concetto di ‘tradizione’ (che per alcuni fa rima con ‘natura’) non può esser certo innalzato ad argomento decisivo a difesa di una presunta famiglia cosiddetta, per l’appunto, ‘naturale’.

A tutti è chiaro, al di là degli inefficaci proclami di parte religiosa, che la famiglia monogamica borghese maschio-centrica è quasi definitivamente uscita di scena (anche o soprattutto per noia ed asfissia, come sostiene Maria Turchetto). Dire che al di fuori da questo modello si vada contro natura è quanto mai pretestuoso, e per nulla condiviso in sede scientifica; prova ne sia il crescere inarrestabile delle convivenze ed il differenziarsi di altre forme familiari (famiglie monogenitoriali, famiglie allargate, etc…), sotto gli occhi di tutti, cui non consegue certo alcuno sfacelo sociale.

Altra cosa sono le unioni omosessuali, con al centro un rimescolamento non solo dei tradizionali ruoli sociali. Qui il discorso si fa più complicato, e certamente controverso; ma tutto sembra poter ricadere ancora nella piena naturalità laddove si tenga presente che rapporti ed unioni omosessuali (così come forme ‘pratiche’ di poligamia e poliginia) sono sempre esistite nella nostra società ‘tradizionale’ e che il loro riconoscimento giuridico vale quasi solo a rimuovere l’ipocrisia con la questi e quelle quale erano ‘tollerati’, se non larvatamente incoraggiati come rimedio all’infelicità generata dall’indissolubilità di falliti legami matrimoniali.

Per ultimo occorre ch’io accenni al testamento del nostro deceduto socio Rolando Freccero, che ha beneficato l’UAAR con un generoso lascito, e le cui parole siamo impegnati a rendere pubbliche, secondo la sua volontà, ma anche come solenne ringraziamento e messa a punto di alcuni temi (fra questi il diritto alla cremazione ed alla dispersione delle ceneri) a noi cari.

 

Francesco D’Alpa

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