Eccedenze, salti e (strane) convergenze

di Francesco D’Alpa

 

In due precedenti contributi (su L’ATEO n. 5/2012), io e Maria Turchetto abbiamo criticato parte di un articolo comparso qualche anno fa su MicroMega, nel quale Paolo Flores d’Arcais teorizzava una cosiddetta “eccedenza” della psiche umana rispetto agli istinti (o all’intelligenza) presenti nel mondo animale [1]. Vorrei tornare sull’argomento per segnalare una strana convergenza concettuale del nostro filosofo con il pensiero del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, che oltre mezzo secolo prima (e con tutt’altro fine) aveva affrontato la questione dell’emergere in natura dell’intelligenza umana. Per entrambi, infatti, esiste un chiaro salto (ontologico) fra animale e uomo; il pensiero umano si configura come novità o “eccedenza”, connotando la esclusività e singolarità del mondo umano rispetto a quello animale: punto di vista ovvio per un cattolico, ma sorprendente per un laico evoluzionista.

La teoria di Teilhard de Chardin. molto articolata, é esposta in vari saggi, fra i quali primeggia “Le phénomène humain” [2]. Secondo il gesuita francese, nonostante il “salto morfologico infimo”, l’uomo (e in ciò consiste il suo ‘paradosso’, cioè il “salto” compiuto dalla vita) è qualcosa di completamente diverso dall’animale (p. 216); e definire la natura di questa superiorità è assolutamente necessario “sia per l’etica della vita che per la scienza pura”. Per Teilhard de Chardin esistono indubbiamente certe somiglianze fra l’intelligenza umana e quelle dei vari animali, ma fra l’uomo ed i viventi non umani si è realizzato un vero e proprio salto ontologico in virtù di quel fenomeno che egli chiama “riflessione”, ovvero “il potere che una coscienza ha acquisito di avvolgersi su se stessa e di prendere possesso di sé come di un oggetto dotato di una propria consistenza e di un valore particolare: non soltanto conoscere, ma conoscersi, non soltanto sapere, ma sapere di sapere” (pp. 217-218). Theilhard de Chardin, pur accettando in linea generale la teoria dell’evoluzione e perfino la presenza di specie preumane, postula che questo salto sia avvenuto d’un solo colpo: cosicché un “fossato” (una “soglia”) separa l’essere umano dall’animale; “non si tratta di un semplice cambiamento di grado, ma di un cambiamento di natura che deriva da un cambiamento di stato” (p.219).

Postulato il salto ontologico, visto che anche gli animali manifestano una loro intelligenza, è necessario per Teilhard de Chardin definire in che consisterebbe l’ineludibile differenza fra la loro e quella umana. Per far ciò egli ammette l’esistenza di una sorta di intelligenza cosmica, o meglio una “moltitudine di forme di istinti” (p.220) “sempre caratterizzati [nei diversi gradini dell’evoluzione] da una maggiore possibilità di scelta connessa a un centro sempre meglio definito di coordinamento e di coscienza” (p.221). Il “passo delle riflessione”, sarebbe in tal senso non un ulteriore passaggio di grado ma chiara “eccedenza” dell’essere umano rispetto al più alto grado di intelligenza (o istinto) animale.

Ma quando e come si è verificato (una sola volta nella storia dell’umanità) il “passo della riflessione”? Come sempre, in costruzioni teoriche certamente guidate da preconcetti filosofici e guidate da precise tensioni spirituali  più che suggerite dai fatti, la spiegazione di Teilhard de Chardin è assolutamente forzata, e non a caso (egli è innanzitutto un religioso) vicina alla spiegazione biblica: storicamente il salto ontologico avviene in un preciso momento, in una sola coppia di umani, nei quali la coscienza “diventa capace di contemplare se stessa nella semplicità raccolta delle sue facoltà, e tutto questo per la prima volta” (p. 223): un repentino cambiamento di stato (“trasformazione critica”) nello psichismo. Per illustrare questo concetto, Teilhard de Chardin usa più volte la metafora dell’acqua calda, che improvvisamente bolle se al sistema viene aggiunto un surplus di energia; ma nel suo slancio apologetico (è il caso di sottolinearlo) omette ad esempio che il passaggio dell’acqua dallo stato liquido a quello gassoso è solo temporaneo, reversibile, e non muta affatto  le proprietà chimiche della sostanza acqua (in metafora, le proprietà della coscienza umana resterebbero invece, dal momento della “riflessione”, definitivamente modificate nel singolo e trasmissibili nella specie).

L’ipotesi di Teihard de Chardin è facilmente raccordabile al racconto biblico della creazione, laddove si postuli che la materia ‘(la terra, o ‘adam’) di cui fu fatto il corpo di Adamo rappresenti niente altro che un animale pre-umano (dunque l’ultimo anello della catena evolutiva) pronto ad accogliere l’anima, e dunque ad umanizzarsi. L’immissione dell’anima nel corpo da parte di Dio è un evento istantaneo, allo stesso modo di come “l’accesso al pensiero rappresenta una soglia che deve essere superata d’un solo passo” (p. 228). Al di fuori di ciò, “è evidente che propagazione, moltiplicazione, ramificazione, proseguono dopo come prima della soglia del pensiero, nell’uomo come negli animali, secondo il loro corso abituale” (p. 231).

Trascorso oltre mezzo eccolo dalla sua presentazione, e nonostante la suggestione a lungo esercitata (specie nei simpatizzanti per le filosofie orientali) da concetti come ‘noosfera’ e ‘punto di convergenza  universale Omega’, l’idea eretica (e come tale ufficialmente condannata dalla chiesa cattolica) di Teilhard de Chardin ha probabilmente oramai fatto il suo tempo. Ma il suo potere fascinatorio riemerge qua e là; e stranamente, lo fa oggi proprio tra le pagine del laico Flores d’Arcais, con pochi fondamentali punti in comune. Come non notare infatti le analogie fra i concetti di “circolarità” contrapposta ad “eccedenza” in Flores d’Arcais e quelli di “chimismo chiuso” contrapposto a “deriva universale” in Teilhard de Chardin, il quale sosteneva: “come l’arte, si potrebbe dire come il pensiero, la scienza è nata sotto le apparenze di un qualcosa di superfluo, di una fantasia. Esuberanza di attività interiore che supera le necessità materiali della vita. Curiosità di sognatori ed oziosi” (p. 375-376), ma anche carattere peculiare dell’anima umana “così incredibilmente sottile e complessa” (p. 379): eccedenza dunque, come ho già sottolineato (secondo la terminologia di Flores d’Arcais), rispetto allo psichisno dell’animale che ha istinto ma ‘non sa di sapere’.

Ovviamente esistono (anzi prevalgono) differenze importanti fra i due autori. Una su tutte, per Teilhard de Chardin “una volta ed una volta soltanto la vita è stata capace di varcare la soglia della riflessione” (p. 371) e soprattutto “l’uomo è insostituibile” (p. 371); dunque la vita ha un suo finalismo e questo finalismo non può che essere orientato da una causalità trascendente. Cosicché, pur negandolo egli esplicitamente, possiamo ben sostenere che nella composizione di “Le phenomene humain” Teilhard de Chardin abbia inequivocabilmente anteposto delle ragioni teologiche al crudo esame del fatto scientifico. Se infatti la descrizione delle ere geologiche, della nascita della vita e della sua progressiva ramificazione in specie fino alla comparsa dell’uomo ha un riscontro in teorie ed evidenze scientifiche del suo tempo, la personale idea della comparsa improvvisa dell’uomo attuale e della sua diversificazione ‘ontologica’ dal mondo dei viventi (a ben vedere un mix fra evoluzionismo e progetto intelligente) appare non solo indimostrabile ma semplicistica ed improponibile. Accettata invece per fede (è proprio il caso di dirlo) l’ipotesi del “passo della riflessione” (concretizzatosi d’un colpo fra due individui!) tutto il resto  della teoria scorre filato, come in certe costruzioni filosofiche, che nulla però aggiungono alla conoscenza del reale.

[1] Paolo Flores d’Arcais, La natura dell’esistenza. Appunti per una filosofia del finito. MicroMega, n. 4/2005, pp. 239-262.

[2] L’opera più nota di Teilhard de Chardin, scritta fra il 1938 ed il 1940, fu pubblicata per la prima volta nel 1955. In questo articolo faccio riferimento, per tutte le citazioni, all’edizione italiana: Il fenomeno umano, Il saggiatore di Alberto Mondadori Editore, Milano, 1968.