Recensione a:
LEO HARRIS: La civiltà e i suoi nemici. Il prossimo passo della storia
ISBN 978-88-498-1960-1
Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2009, pp. 302.
L’analisi di Harris, politologo statunitense, è articolata e complessa, ma soprattutto inquietante. Come fronteggiare un Islam sempre più aggressivo e che ha radicalizzato il conflitto di civiltà, favorito in questo dalla decadenza occidentale? Harris ha un’idea precisa: è inutile illudersi che l’Islam possa compiere, o essere costretto a compiere, tantomeno in breve tempo, quel percorso che ha portato l’Occidente alla modernità, superando in particolare i conflitti religiosi. Purtroppo l’Occidente sembra aver dimenticato come ciò è avvenuto e come ha costruito la sua forza ideale. Appagato dalla ricchezza materiale di cui gode, l’americano medio (inteso come prototipo dell’uomo occidentale) è oramai incapace di comprendere che questa sua prosperità è un bene (o un valore) acquisito tramite una lunga lotta ed a duro prezzo, e soprattutto qualcosa da difendere a denti stretti. Nella società dei consumi mancano infatti uomini sprezzanti del pericolo, pronti a morire e ad uccidere, per proteggere il proprio stile di vita.
L’Occidente edonista e relativista è ubriacato dalla propria sazietà, illuso dall’utopia post-illuminista, e vive come immerso in un parco giochi, quasi ignaro dei pericoli che lo circondano. L’11 settembre, e le sue conseguenze, lo hanno frastornato, giacché al suo interno manca la capacità di leggere la realtà al di fuori del mito delle ‘magnifiche sorti e progressive’. Pur scoprendo improvvisamente di avere un nemico aggressivo e fortemente motivato, l’uomo occidentale manca degli strumenti per fronteggiarlo, per costruire una strategia di difesa; dopo la fine della guerra fredda e dopo la caduta del comunismo, il pensiero politicamente corretto ha generato infatti uno stato d’animo ingiustificatamente ottimistico sul trionfo definitivo di un pacifico ed appagante multiculturalismo.
Ma, pensando così e agendo conseguentemente, l’Occidente ha commesso un errore fatale; in particolare, illudendosi che le sue regole valessero prima o poi anche per gli ‘altri’; in particolare per le masse di migranti islamici; che, accolti nelle nostre città senza particolare ostilità, si sarebbero dovuti convertire facilmente ai modi di vita ed ai codici etici occidentali.
Ed invece, il fallimento di questa illusione è oramai sotto gli occhi di tutti: sono gli immigrati islamici, e gli islamici in generale a pretendere piuttosto una nostra conversione al loro modo di vivere, alla loro religione, ai loro ‘valori’; ed il tempo non potrà che peggiorare questo stato di cose, stante la nostra indolenza verso una adeguata controffensiva.
La conclusione di Harris è sconfortante: il nostro occidentale è davvero, attualmente, il migliore dei mondi possibili; ma il terrorismo islamico rischia di sovvertire tutto, di renderci sudditi di un nuovo terrorismo politico, che ritenevamo impossibile dopo la sconfitta delle grandi ideologie totalitarie del Novecento. Dunque è assolutamente necessario reagire con forza, riscoprendo le nostre radici culturali, incluse quelle religiose. Per quanto egli appaia sgradevole ed unilaterale (ma soprattutto duro ed arrabbiato; perfino disposto a compromessi con le più inconcilianti espressioni del pensiero papale), questa analisi lascia ampiamente il segno, e merita una seria riflessione.