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Animazione ed inizio dell'essere umano

di Francesco D’Alpa

La Chiesa non ha mai avuto particolare interesse a definire dogmaticamente ‘quando’ comincia ad esistere l’essere umano individuale. Si è invece espressa più volte sul quesito teologicamente rilevante sul ‘quando’ cominci l’animazione razionale; ma i pronunciamenti del Magistero o dei singoli teologi sono stati sempre quanto mai discordi fra di loro.

Di fatto, inizio della vita individuale e animazione razionale non sono stati fatti coincidere quasi mai, come invece viene proposto attualmente. Anzi, si è a lungo pensato che, agli inizi della vita fetale, e per qualche settimana, non si sia ancora in presenza di un vero ‘essere umano’.

Per Tommaso d’Aquino, che è il riferimento obbligato, il sangue stesso è già un essere umano potenziale che diviene essere umano in atto sotto l’azione del pneuma (della ‘aria del seme’). Essendo separabile dal corpo, l’anima razionale non può tuttavia venire all'essere allo stesso modo delle altre forme; dunque non può essere prodotta o trasmessa dal seme nell'atto della procreazione; così Dio interviene successivamente in questo processo con un proprio atto creativo che ‘trasforma’ la creatura dotata di anima vegetativa e sensitiva in essere umano ragionevole. L’anima viene definita ‘forma del corpo’ proprio in quanto plasma (forma) la materia dal suo interno.

Prima di Tommaso d’Aquino, altri pensatori cristiani avevano proposto spiegazioni che riflettevano una diversa concezione antropologica. Per Origene, ad esempio, esiste un doppio principio di vita dell’uomo: l’anima inferiore ha inizio con il corpo e lo vivifica, mentre l’anima superiore gli viene aggiunta ‘da fuori’. Quest’anima avrebbe origine dagli spiriti che sono caduti meno gravemente rispetto a quelli che per punizione vennero convertiti in demoni; essi sarebbero rimasti suscettibili di riparazione e reintegrazione, per cui vengono riuniti ai corpi umani per compiere il proprio ciclo di purificazione.

Ma il Quarto Concilio Ecumenico di Costantinopoli (869-870), condannò coloro che ammettevano nell’uomo due anime distinte; condanna confermata dal Concilio di Vienne del 1312, e ribadita da papa Pio IX nel 1857 e 1860. Da allora, per la Chiesa, l’anima umana, è infatti definitivamente una e presiede alla vita vegetativa, alla vita sensitiva e alla vita intellettuale.

Papa Sisto V promulgò nel 1588 una costituzione in cui si decretava la scomunica maggiore, sia per l’aborto di un feto con l’anima, che per quello di un feto ancora senza anima; e papa Gregorio XIV confermò nel 1591 la distinzione fra feto inanimato ed animato (abolendo la scomunica per l’aborto del feto ‘inanimato’). Solo nel 1879 Pio IX abolì definitivamente la distinzione fra feto inanimato e feto animato, sposando la tesi dell’animazione razionale immediata dell’embrione. Ma ancora nel 1895, la facoltà cattolica di Lilla pose al Santo Uffizio il quesito se, al fine di salvare la madre, si potesse procurare l’aborto su di un feto non ancora vitale: dunque vitalità ed animazione restavano ancora, nella pratica, due concetti distinti.

In tempi a noi più vicini, a correzione delle idee di Tommaso d’Aquino, si è inteso che l’animazione da parte dell’anima razionale avvenga nel momento stesso del concepimento, anche se poi quest’anima inizierebbe manifestamente a funzionare solo in epoca successiva. Nel 1974 la Congregazione per la dottrina della fede è tornata sull’argomento, con una “Dichiarazione sull’aborto procurato” in cui si sostiene, con il supposto avallo della scienza, che: «Fin dalla fecon­dazione è iniziata l’avventura di una vita umana; e ciascuna delle sue grandi capacità richiede tempo, per impostarsi e per tro­varsi pronta ad agire. Il meno che si possa dire è che la scienza odierna, nel suo stato più evoluto, non dà alcun appoggio so­stanziale ai difensori dell’aborto».

Il fine di questa dichiarazione non è quello di affrontare l’irrisolto problema dell’animazione, ma prioritariamente quello di giustificare dottrinalmente l’antiabortismo. Paradossalmente, dopo secoli di ‘animazione che forma il corpo’ oggi la Chiesa riconosce ufficialmente che sviluppo e differenziazione del corpo sono istruzioni iscritte nel programma presente ‘materialmente’ nell’uovo fecondato, considerato già un ‘soggetto’ che vive; le cui ‘capacità’, per come formulate, non possono che dipendere da questo programma.

In ultimo mi sembra il caso di menzionare l’opinione del sacerdote salesiano Norman M. Ford, che sul finire del Novecento ha compiuto, suscitando aspre polemiche, un importante tentativo di conciliare i dati della biologia con certe aspettative teologico-filosofiche: anche per lui è difficile contestare il dato biologico che indica chiaramente come, nei primi giorni dello sviluppo dopo il concepimento, la vita umana manca di ‘individualità ontologica; in questo periodo, e fino alla formazione della placca neurale, essa non ha attributi che possano permettere di chiamarla ‘individuo umano’ o ‘persona’.[1] Purtuttavia, anche questa vita ‘non individuale’ e ‘non personale’ (dunque senza gli attributi dell’individuo umano definitivo) va sempre difesa.

 

[1] Norman Ford: Quando comincio io? Il concepimento nella storia, nella filosofia e nella scienza. Baldini e Castoldi, 1995 [Edizione originale, 1988].