Questioni di panda

La Chiesa Cattolica, in tutte le sue espressioni, tuona sistematicamente contro la progressiva scomparsa o messa in minoranza dei cristiani (praticanti o meno, non fa differenza). Lo fa nei paesi (come il nostro) in cui è culto maggioritario; dove è protetta e foraggiata in mille modi dallo Stato e coccolata dai politici, nel mutuo interesse. Lo fa ancor più (dall’esterno) in quei paesi dove i cristiani sono in minoranza e subiscono ciò che loro secoli prima hanno fatto alle popolazioni autoctone o ai ‘pagani’.
L’allarme è centrato soprattutto sui paesi a maggioranza islamica dove, nonostante i maldestri tentativi di alleanza e gli appelli all’unione dei monoteismi contro le derive ateistiche, il fanatismo islamico ha buon gioco contro i pochi inermi cristiani.
Non sappiamo se a questo punto (come forse sostiene qualcuno), nel computo generale di quasi due millenni di vittime, i cristiani battano o meno gli ‘infedeli’. Di certo, attualmente i cristiani hanno la peggio, e scappano verso terre più ospitali, pena la loro estinzione.
La chiamano ‘sindrome dei panda’, come ci ricorda, su “Avvenire” del 2 novembre 2010, Massimo Franco, che così esordisce: “Fra il VII e il X secolo è stata la Chiesa caldea di Baghdad a creare la cultura araba, non musulmana, ricorda Samir Khalil Samir. «I cristiani erano lì prima dell’islam, e hanno plasmato le società arabe. I chirurghi e i medici del califfo erano cristiani, figli della Chiesa d’Oriente, la più dinamica, al punto che allora si spinse fino in Mongolia». Ed era anche la maggioranza schiacciante della popolazione. «Poi, intorno al 1000, da maggioranza i cristiani sono diventati minoranza: intorno al 1400, la percentuale era caduta al 10% […] nell’ultimo secolo la mescolanza con gli islamici è aumentata nelle scuole, nelle università. Però – sostiene padre Samir – la gente non sa che il sistema musulmano è concepito per inghiottire lentamente l’altro, il diverso, l’alieno: il cristiano, appunto»”.
Ma, tanto tempo fa, non è successo qualcosa di simile? Proviamo a sostituire “cristiani” con “romani”, e torniamo indietro di circa 17 secoli. Differenze? Nessuna; a parte i sistemi di eliminazione finale.
Andiamo avanti. Secondo Massimo Franco la progressiva scomparsa dei cristiani d’oriente è “il prodotto di una demografia sfavorevole. E soprattutto di una condizione di minoranza costretta a confrontarsi con una maggioranza arabo-islamica dominante; e a smettere di essere cristiana per adattarsi a quel modello. Non si vedeva più la mescolanza, l’ibridazione di culture, religioni, costumi ed etnie dei decenni e secoli passati. Si intravedeva l’uniformità, figlia dell’«incapacità della società musulmana di accettare quelli che non le somigliano […] Da tempo le statistiche risultano sfuggenti come le persone che ne sono l’oggetto. L’unica cosa certa è che si tratta di minoranze sempre più risicate e accerchiate».  Analisi forse realistica, ma ipocritamente di circostanza; presentata da un seguace di una religione che ha sempre ammesso un solo Dio, geloso, esclusivo, intollerante. E non occorre riandare troppo indietro nel tempo, fino alle non revocabili radici mosaiche, per dimostrarlo. Come molti avvertiti anticlericali ben sanno, esistono almeno fin dall’epoca costantiniana due cristianesimi: quello predicato laddove i cattolici sono in minoranza e nel quale si reclama la ‘libertà di religione e di culto’ (ovvero, la libertà per sé stessi), e quello predicato dove i cristiani sono in maggioranza, e dove si insegna la cosiddetta “Verità” (quella propria, unilateralmente imposta a tutti). In Medio Oriente, ovviamente, si torna alle prediche antiche; mentre da noi si impone il ‘Verbo’ unico.
Ma veniamo ad un argomento forte di Massimo Franco: “«tutti i Paesi dell’area sottostimano il numero dei loro cittadini cristiani, perché pensano che falsando le percentuali sul numero reale possano se non risolvere almeno ridurre il problema a quello di una minoranza marginale». Abbracciare una statistica o l’altra significa «far variare il rapporto cristiani-musulmani in Libano da 55-45% a 30-70%». Significa definire quella nazione «cristiana» oppure «musulmana», con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di legislazione, modello di società, alleanze o comunque influenze internazionali”. Se ne può dedurre che i cristiani le conoscono le statistiche; tranne che da noi, dove si osteggia e dileggia lo sbattezzo (che disvela il lato nascosto delle statistiche di parte) ed i poveri non-credenti sono ampiamente sottostimati “con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di legislazione, modello di società, alleanze o comunque influenze internazionali”.
L’appello dei cattolici è complessivamente forte, anzi imperioso; rivolto ai governi di tutte le nazioni cristiane amiche (USA in testa): soccorrete i cristiano-panda; nutriteli; fate loro ripopolare i territori perduti. Ma occhi aperti: perché i panda non sono tutti uguali. Alcuni sono orwellianamente “più uguali degli altri”. In nome della ‘Verità’, “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”. Quale considerazione e quale conseguente protezione meritano infatti certi spregeoli panda nostrani, usi a riunirsi a congresso quasi come le balene spiaggiate, rassegnate all’estinzione?
Qualcuno forse non sa di cosa sto parlando? Bene, glielo spiego. Agli altri rinfresco i ricordi.
C’era una volta una piccola tribù animale, di discendenza darvinianamente scimmiesca, dal nome ruggente e altisonante: “UAAR”. Era composta da pochi esemplari “esattamente 176 […] capelli brizzolati, barbe sapienti (ma borghesucce) alla Scalfari; occhiali da miope con catenella; giovani scarsi davvero”…
Ne è passato di tempo; e quante cose sono cambiate!
Questa colorita descrizione, è in capo ad un articolo pubblicato su “Avvenire” del 19 maggio 1998, pagina 21, dal titolo “Gli ultimi atei”, con sopratitolo “Gli agnostici al loro terzo congresso: in Italia sono solo 176 ed i giovani non li seguono più”; autore Roberto Beretta. Una sgradevole (e vorrei dire ignobile) pagina, che andrebbe esposta in ogni circolo liberale, in stile crocifisso, come simbolo del dileggio e del martirio dei non credenti.
Il saccente articolista coglieva ogni spunto per ironizzare sugli atei; perfino riportando le (per noi) ‘sante’ parole dell’allora segretario Romano Oss: “L’UAAR non ha bisogni di contrapporsi alla Chiesa, perché il suo scopo positivo è piuttosto «liberare gli uomini dai dogmatismi e dal fanatismo»”. Con tutt’altro spirito e palese acrimonia, solo pochi giorni fa l’ultimo sinodo cristiano sul medio oriente ha di fatto decretato: ‘meglio islamici che atei’; riecheggiando quanto da poco era stato sostenuto, a campo inverso, in terra iraniana. Sarà contento il Beretta di avere a che fare oggi non con i dialettici atei, ma piuttosto con i dogmatici e fanatici islamici che invocando il loro dio uccidono i cristiano-panda in Medio Oriente? Non era meglio apprezzare il rigore morale, la tolleranza ed il liberalismo degli ateo-panda?
Ma c’è dell’altro. Scriveva ancora Beretta: “Almeno fossero uniti, poi. Mica basta definirsi atei, infatti. Uno si sente piuttosto agnostico, l’altro solo non credente, un terzo si dice laico…” e così via. Ma dite, li avete visti mai due cattolici che la pensano allo stesso modo? No, non mi riferisco a quelle piccole ‘divergenze’ fra cristiani di maggioranza ed eretici, che hanno causato appena qualche decina, centinaia, migliaia, milione di morti in epoca atavica; mi riferisco alle centinaia o migliaia di versioni del cristianesimo, le cui più diffuse comunità appaiono del tutto sorde al dialogo interno, mentre paradossalmente invocano il cosiddetto dialogo interreligioso.
Scriveva sempre il Beretta: “tra i 50 militanti in sala le posizioni sono tutt’altro che univoche. Tranne che in un aspetto: la guerra alla chiesa cattolica; sulla quale piovono dalla tribuna le accuse più atroci”. Ma la guerra la fanno gli atei, o invece i credenti di oggi: l’Osservatore Romano (l’organo ufficiale della ‘Verità’) con l’appoggio del ministro degli esteri, e via dicendo?
Per “Avvenire”, l’UAAR di Trento era ‘pittoresca’: “per esempio quando si ascolta Franco Grillini, ben noto segretario nazionale dell’Arcigay”. Un dileggio sottotraccia, che meritava miglior bersaglio: magari scelto fra quanti (oggi come allora) ipocritamente nascondono sotto l’omertà di tonaca ciò che inorgoglisce lo storico leader della libertà di scelta sessuale.
Chissà se il nostro articolista riscriverebbe oggi quell’articolo! Gli ateo-panda, nel frattempo,  sono cresciuti di numero, ed ingrassano. Ultimamente ne hanno localizzato un discreto branco in quel di Varese; e si favoleggia che presto scenderanno in massa al Sud.
Lunga vita al nostro amato panda!

Francesco D’Alpa

Pubblicato su: www.uaar.it (4 novembre 2010)