Un esempio di falso agiografico
di Francesco D’Alpa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Le storie dei santi danno sempre grande risalto ad episodi miracolosi, a quelle ‘pie invenzioni’ che sono utili per rafforzarne il culto o sostenere la fede nel loro potere taumaturgico. La fonte di tali notizie è sempre piuttosto vaga, difficilmente localizzabile nel tempo. Ma qualche caso può far luce sulla loro elaborazione; ad esempio riguardo storie che hanno conosciuto successive redazioni manoscritte, e che ci sono pervenute quasi esclusivamente a partire da edizioni a stampa, che ne hanno definitivamente fissato il contenuto, occultando tutto il lavorio di correzione, cancellazione, integrazione eventualmente intervenuto durante il passaggio da copia a copia manoscritta.
Prendiamo ad esempio la successione delle biografie di Caterina Fieschi Adorno (1447-1510), la santa genovese che durante presunte estasi avrebbe concepito il suo (in realtà apocrifo) ‘Trattato del Purgatorio’.
Il testo fondamentale è la cosiddetta ‘Vita mirabile’ (di autore incerto; ma secondo la tradizione scritta da Cattaneo Marabotto, direttore spirituale di Caterina, e da Ettore Vernazza, suo ‘figlio spirituale’). L’edizione oggi circolante poco differisce (e quasi esclusivamente per un adeguamento alla lingua moderna), dalla prima stampata a Genova nel 1551, nella quale leggiamo questo passaggio:
«Accadde un anno che gli venivan alcuni estasi li quali la facevan restar tramortita, le persone le quali altro non sappevano, credevano che così restasse per debilità di cervello volgarmente detta la vertigine; Hor un dì parlando di questa cosa con un religioso, la chiamava ancor essa vertigine, volendo per humiltà occultarsi, ma quello religioso gli disse: Madre non bisogna che vi occultate da me, anzi vi priego per gloria et honor de Dio, vogliate ellegervi una persona la qual soddisfaccia alla mente vostra, et a quella narrargli le gratie che Dio v’ha concesso, acciò morendo voi esse gratie non restin’ occulte et incognite, et ne manchi poi la laude et gloria del Signore.» [1]
Quanto così raccontato non si presta certo ad equivoci: secondo l’anonimo redattore, in certi momenti Caterina ha delle estasi; i presenti la vedono perdere conoscenza, e non comprendendo la fenomenologia estatica, la credono in preda a svenimenti causati da una patologia organica. Dello stesso parere è un religioso, che ne ragiona con la stessa Caterina; costei è invece del tutto convinta che si tratti di proprio di estasi mistiche, anche se preferisce per modestia non rivelarne la vera natura. Di fronte a questa spiegazione, il religioso, convinto ora anch’egli che si tratti proprio di estasi, la consiglia di comunicare ad altri le sue esperienze finora occultate per non rischiare che si perda la sua testimonianza qualora un giorno venisse meno.
Questo semplice racconto supporta quel ritratto di Caterina mistica estatica, che è ben consolidato nella tradizione, tanto più se si tiene presente che per quasi due secoli dopo la sua morte la ‘Vita mirabile’ è stata pressoché l’unica sua biografia in circolazione.
Ma ora prendiamo in considerazione un diverso (e di fatto più importante) genere di documenti. Il testo del 1551 non è infatti altro che una elaborazione di precedenti manoscritti, più o meno completi, più o meno sovrapponibili, derivanti da un unico (disperso) originale. Nel più antico di questi manoscritti (rinvenuto solo nel secondo Novecento dal cappuccino Umile Bonzi, e conosciuto con la sigla ‘Dx’) l’episodio della presunta estasi è presentato così:
«Accadete uno anno che li solevano vegnire certe vertigine che restava stramortita; et una fiata, narrando di questo a uno certo religioso, quello li dise: Madre, serìa bene e cosa laudabile et honore de Dio, che voi vi elegesi quallche persona la qualle satisfacese a la mente vostra, et voi li narrasi le gratie le qualle il Signore vi ha concesso, aciò che sopravenendone queste talle vertigine, como poterìa essere, rimanesi un giorno morta, e così esse gratie rimanerìano incognite e ne mancherìa la laude et gloria de lo Signore. Et di talle vertigine ne ho veduto restare morti, et ne ho veduto et tochato, et restatomene in le bracie morto uno nostro padre.» [2]
La differenza con il testo del 1551 non è da poco. Qui la vertigine non è per nulla messa in relazione con l’estasi; se ne parla invece come di cosa a parte, come indiscutibile sintomo d’una qualche patologia, ben riconosciuto da un religioso che ha già avuto l’esperienza di una morte causata da un analogo accidente; e la stessa Caterina non ricollega per nulla le vertigini all’estasi.
Il contesto é più chiaro se si tiene presente che quest’episodio è successivo alla morte di Giuliano Adorno, marito di Caterina, la quale anche in ragione di ciò in questo periodo va incontro ad un importante crollo psico-fisico, che ben spiega i suoi malesseri; laddove, invece, per gli agiografi, essa è incapace di sopportare da sola le ‘operazioni divine’ (ed innanzitutto le estasi) delle quali è oggetto, ovvero gli ‘assalti’ quotidiani, certe ‘strane malattie dovute al sacro amore’.
Ed anche il successivo ‘Manoscritto A’ (databile intorno al 1547), che precede solo di pochi anni l’edizione a stampa, ripropone sostanzialmente questo scenario:
«Un anno li solevano venire vertigine, per le qualle restava stramortita. Uno zorno essendo in parlamento con uno religioso de li subiti caxi, qualli occorreno a le persone, et li narrò de sue vertigine. A la qualle lui: Madre, seria cosa laudabile et honor de Dio che vi elleggessi qualche persona che satisfacesse a la mente vostra, et li narassi le gratie le qualle il Signor vi ha concesso, aciochè sopravenendovi queste tale vertigine, como poderìa essere, vi ritrovassi un zorno morta, et dette gratie remaneriano incognite, et mancheria la laude et gloria a Dio. Et di talle vertigine et angoscie mi restò morto ne le mie bracie un nostro padre.» [3]
Come spiegare il cambiamento intervenuto nel passaggio dai ‘Manoscritti’ all’opera stampata? Occorre innanzitutto tenere presente che chi ha curato la stampa è intervenuto profondamente sugli originali: riordinandone l’esposizione, integrandoli ampiamente con glosse teologiche, ma anche eliminando alcune parti che descrivevano le palesi patologie di cui soffriva Caterina; ed indubbiamente è entrata in gioco anche la mano dell’inquisitore locale. In questo passaggio non poco è stato riscritto, a beneficio di interpretazioni preconcette. Così le ‘vertigini’ sono state contrabbandate per estasi, ed é stato eliminato l’ormai incongruo riferimento alle morti per ‘vertigine’, forse perché appariva contraddittorio raccontare che si possono perfino verificare delle morti per ‘estasi’.
Dal 1551 in poi questa versione delle ‘vertigini estatiche’ ha acquistato quel carattere di ‘verità’ biografica sulla quale i biografi successivi hanno potuto facilmente ricamare; primo fra tutti il più importante, Giacinto Parpera [4], che così ha scritto nella sua estensiva biografia cateriniana:
«Venivano a Caterina un’anno publici estasi, gli quali, levandole l’uso de sentimenti, pareva all’occhi delle persone, tramortita; e che le accadessero vertigini, per i molti patimenti, gli quali le havessero, e debilitato il Capo, et infiacchito il cervello (come dicevano alcuni): godeva Caterina di questo loro errore, sotto di cui restava coperta una tanta gratia del Signore, e secondando la loro opinione, e modo di parlare, gli chiamava similmente vertigini. Ma un giorno occorse di parlarne con un Sacerdote, il quale s’era benissimo accorto, che quelle, che erano chiamate vertigini, non erano tali, né male del Capo, ma erano estasi, e gran bene dello Spirito: Onde vedendo, che Caterina pure le dava tal nome di vertigini, le disse con santa libertà, e zelo: Madre […] non occorre che si voglia nascondere da me, e che con gli altri, mi voglia, far capire, che siano Vertigini quelle alienationi de sensi, che le accadono; non sono, no, vertigini, ma sono estasi. Per tanto la prego di tutto cuore, ad udir il mio parere, e dar orecchie al mio sincero consiglio. Io in primo luogo lodo la sua humiltà, e prudenza, in volere nascondere e saper occultare il dono di Dio il quale veramente si deve, come inestimabile tesoro, tener secreto, e seppellirlo dentro il Campo del nostro cuore [ma] se lei riceve tanti favori da sua Divina Maestà, e gli tiene cotanto segreti, che nessun affatto gli sappia, e ne possa esser testimonio in alcun tempo, ne seguirà, che muorendo lei, seco resteranno sepellite tante gratie, e misericordie del Signore, né alcuno potrà darne lode a Dio, e ammirare la sua bontà, e prender esempio, per animarsi, a servire ad un Signore cotanto grande, e cotanto buono; perciò ascolti il mio sentimento, et accetti il mio consiglio; et è, che si elegga una persona di sua sodisfattione, che quadri al suo giudicio; e da cui possa, promettersi segretezza inviolabile, et a questa narri, dal principio fin’al presente, quanto di bene Dio ha communicato all’anima sua, quanti lumi, quanti desiderij, quali operationi siano seguite nel suo spirito, et in una parola lasci, che veda tutt’il suo cuore, e niente resti nascosto alla di lui notitia; acciocchè in questa maniera muorendo lei, possa questo ridire le misericordiose gratie del Signore, e ne sia benedetto e lodato da tutt’il Mondo.» [5]
In tal modo, ed ancor più a partire da questo momento l’oratoria ha così sfruttato a piene mani ed abilmente un chiaro falso agiografico.
[1] Libro della Vita mirabile et Dottrina Santa della Beata Caterinetta da Genoa, Nel quale si contiene una utile, et Catholica dimostratione et dechiaratione del purgatorio. (1551) Bellono, Genova, cap. XXXVIII, f. 99r.
[2] Manoscritto Dx, cap. XXXIV, f. 73b.
[3] Manoscritto A, cap. XXXIV, f. 107b.
[4] Giacinto Parpera (1633-1700) Arciprete di Solmano, nella diocesi di Alba, poi superiore della Congregazione degli oratoriani, quindi consulente del Sant’Ufficio di Genova. Fu uno stimato direttore di coscienza, autore di testi di teologia dogmatica e devozionali, e consulente nel processo per la canonizzazione di Caterina Fieschi Adorno.
[5] Giacinto Parpera (1682): Vita mirabile, o’ sia Varietà de successi spirituali osservata nella vita della B. Caterina Fiesca negl’Adorni. Antonio Casamara, Genova, pp. 317-318.
[Pubblicato su www.laiko.it il 13 settembre 2020]