Dal dimorfismo sessuale all’arcobaleno del genere

La medicina e la biologia, seguendo la cultura prevalente, hanno sempre in larga misura supportato l’idea ‘filosofica’ di una netta dicotomia tra i sessi, e che soprattutto la funzione riproduttrice fondi l’identità femminile: la donna è innanzitutto madre, e ciò ne determina il fisico ed il carattere, e ne definisce il compito prioritario: la cura della prole.
Su questa linea, le teorie evoluzioniste, se da una parte confermano la  funzione materna, dall’altra riflettono sull’origine della sessualità, sulla formazione della famiglia, sul patriarcato e sul matriarcato, schematizzando i rapporti tra i sessi, tra il maschile e il femminile.
Ma in natura, per molte specie viventi, può risultare difficile classificare un individuo come maschio o femmina; la maggior parte delle piante e alcuni pesci sono infatti ermafroditi; alcune lucertole sono asessuate e la loro monta induce delle variazioni ormonali che provocano la partenogenesi; in molti pesci è l’ambiente a promuovere lo sviluppo in senso maschile o femminile.

Oltre Darwin
La teoria di Darwin non prende in considerazione quelle che oggi intendiamo come varietà di genere nella specie umana: i ruoli maschile e femminile sono rigidamente predefiniti ed ogni deviazione da questa norma è considerata patologica, sulla base di una consolidata tradizione.
Anche se nell’Ottocento, in controtendenza, le donne hanno cominciato a pensarsi in termini di ‘genere’, ponendo la questione dei medesimi diritti per individui ‘diversi’, questo concetto ha assunto il suo significato attuale solo negli anni Settanta del Novecento, in collegamento alle politiche del neofemminismo e come riflessione critica sulla storia delle donne. Le femministe americane iniziarono ad usarlo per riferirsi all’organizzazione sociale del rapporto tra i sessi. Successivamente esse hanno impiegato il termine ‘genere’ con l’intento di ribadire la qualità fondamentalmente sociale delle distinzioni basate sul sesso: rifiutando il determinismo biologico implicito in termini come sesso o differenza sessuale; definendo uomini e donne in termini di reciprocità; proponendo che nessuna analisi dell’uno o dell’altro sesso potesse essere compiuta con uno studio completamente separato.
Così, attraverso una ‘storia di genere’ si è imparato a vedere: da un lato, che ogni società ha spazi, comportamenti, attività condizionati dal sesso, e che quindi questo di questo tipo di differenziazione esiste ovunque; dall’altro, che le sue manifestazioni concrete non sono le stesse in ogni cultura (non sono universali; ed il significato dell’essere donna o uomo è, storicamente, assai variabile).
Inoltre  oggi conosciamo ampie differenze strutturali fra l’uomo e la donna; ad esempio, che i circuiti neurali del cervello maschile e femminile differiscono non solo su base genetica e per effetto degli ormoni, ma anche per fattori sociali. Biologicamente uomini e donne differiscono abbastanza per abilità verbali, controllo delle emozioni, capacità rievocative, sopportazione del dolore etc…; ma il sesso genetico  può rendere conto solo di una piccola parte delle differenze effettive che si riscontrano nei singoli individui, fra ed all’interno dei due sessi. Tutto il resto è effetto dell’ambiente, della cultura, dello stato di salute; al punto da potersi ritenere che sia la società stessa a programmare  alcune differenze nel comportamento sessuale, a prescindere dal sesso genetico e dalle funzioni riproduttive.
Nell’Origine dell’uomo, anche Darwin si esprime in favore di un netto primato dell’uomo sulla donna, per quanto riguarda sia le caratteristiche mentali (pensiero profondo, ragione, immaginazione) che le attitudini pratiche; e questo primato è così fortemente connesso al concetto stesso di evoluzione per selezione da avere portato alle degenerazioni del cosiddetto darwinismo sociale ed a ritenere che non si può essere darwinisti senza accettarlo in pieno.
Darwin attribuisce ai due sessi comportamenti specifici, come la competizione fra i maschi (in linea con i pregiudizi dell’epoca vittoriana più che con i dati scientifici) e la scelta sessuale fra le femmine. Ma oggi questa dicotomia non regge, alla luce delle scoperte fatte negli ultimi decenni in biologia animale, dove sono evidenti le possibili variazioni del sesso fenotipico e dove l’omosessualità è stata dimostrata in centinaia di specie animali.
In particolare, da un punto di vista darwiniano, l’omosessualità risulta anomala solo in quanto non genera prole, e nel presupposto che la sessualità abbia solo una funzione riproduttiva. Secondo vedute più recenti, invece, la nostra identità sessuale non è strettamente determinata dai nostri cromosomi, ma da un misto di geni, ormoni, fisiologia, cervello, interazioni sociali; ed in tal senso la variabilità e flessibilità di autorappresentazione, di attitudini e di comportamenti è in definitiva la  norma. Per questo la psicologia evoluzionista (a differenza della sociobiologia) oggi è più interessata all’esplorazione diretta della varietà di comportamenti sessuali umani che non al loro confronto con modelli animali.
L’origine delle specie” era secondo alcuni una sorta di libro ‘impropriamente sessuale’, che metteva in evidenza la perversità polimorfa della natura. Le molte caricature vittoriane che ritraevano Darwin con aspetti scimmieschi riflettevano di fatto lo sconcerto della società vittoriana di fronte a quella che veniva esposta come ‘bestialità’ di fondo del comportamento umano (in quanto di derivazione scimmiesca), e collegavano gli scritti darwiniani alla pornografia.
Secondo i critici, Darwin, come molti antropologi ed etnologi suoi contemporanei interessati ai costumi sessuali di altri popoli, avrebbe incoraggiato la prostituzione ed in genere l’immoralità sessuale.
Ma, al di là del confronto con le scienze naturali del tempo, quale fu l’impatto delle teorie di Darwin (sulla selezione naturale e sessuale) sulla cultura vittoriana, così sensibile sulle nozioni di sessualità e rispettabilità? Darwin si sforzò sempre (come buona parte dei suoi collaboratori) di esporre le sue idee su di un piano strettamente scientifico, evitando atteggiamenti radicali o antiteologici, e rinunciando a sviluppare le implicazioni sociali sessuali delle sue osservazioni e teorie, nonostante la franchezza del suo esame naturalistico della sessualità umana.
Purtuttavia, agli occhi dei moralisti del suo tempo, le teorie ‘materialiste’ di Darwin, che avevano evidenti legami con l’atomismo di Epicuro e Lucrezio, lo avevano conseguentemente anche con il sensualismo pagano e con la corruzione morale della Grecia classica e di Roma; e ciò spiega il ‘panico morale’ che si diffuse dai pulpiti delle chiese e dalla stampa conservatrice.

Scoprire l’arcobaleno
L’attenzione al genere più che al sesso è merito soprattutto dalla cultura omosessuale e transgender, ed ha uno dei suoi più noti esponenti in Joan Roughgarden, biologo transgender di Stanford, specializzato in ecologia e biologia; il quale, dopo 52 anni vissuti da ‘uomo’, preso atto del suo desiderio di essere finalmente e pienamente ‘donna’, ha cominciato a seguire le attività dei gruppi di supporto transgender. E dopo aver partecipato per la prima volta ad un ‘gay pride’ ne ha dato la seguente narrazione: «In un caldo giorno del giugno 1997 ho partecipato alla mia prima parata del gay pride, a San Francisco. L’entità dei partecipanti mi ha sorpreso. Per la prima volta ho percepito l’ampiezza della comunità gay. Ho tenuto in mente questa impressione. Mi sono chiesto: come possono i biologi spiegare questa vasta popolazione che non rispetta i criteri che la scienza considera normali? Quando una teoria scientifica appare in qualche modo erronea, forse è sbagliata la teoria e non la gente. Non era esattamente il numero delle persone omosessuali che mi stupiva, ma la diversità delle espressioni personali nella sfilata. […] Mi ha sorpreso trovare questa diversità nell’espressione del genere e dell’orientamento sessuale in tutta la gamma delle culture umane. Questo tipo di diversità è innocente come le differenze in altezza, peso, proporzioni del corpo, attitudini? Oppure la diversità nel genere e nell’espressione sessuale merita uno speciale allarme e richiede un accurato trattamento?».
Questa esperienza l’ha convinto che la diversità di genere sia una vera e propria evidenza biologica e parte del ‘piano della natura’; concetti esposti nel 2004 nel suo volume "Evolution's Rainbow. Diversity, Gender and Sexuality in Nature and People''.
Secondo Roughgarden vi è attualmente una evidente discrepanza fra i concetti di sessualità e genere; ogni netta opposizione fra due principi opposti (maschile e femminile, bianco e nero, etc..) è inadatta a rappresentare la realtà, quale la cogliamo in natura, poiché le differenza fra gli individui sono notevolmente più ampie di quanto immaginabile. Nelle famiglie animali, gli individui possono infatti cambiare sesso, o averne due o più; ed in molte specie hanno contatti sessuali regolari anche con individui dello stesso sesso. D’altra parte nelle culture del passato omosessualità e trangenderismo sono stati sempre  descritti: gli antichi greci, ad esempio, elencavano ed accettavano pratiche sessuali ritenute appropriate e specifiche per i rapporti omosessuali.
Dunque, dal punto di vista biologico è ridicolo patologizzare e discriminare le differenze di genere. Meglio elogiare le diversità, utilizzando il modello dell’arcobaleno (che per inciso simbolizza la liberazione gay), con le sue varie gradazioni di colore fra un estremo e l’altro, e preferendo il concetto di ‘selezione sociale’ a quello di ‘selezione sessuale’.

Il primato maschile e le differenze uomo-donna
Secondo Roughgarden esistono ampie evidenze storiche del transgenderismo e delle varietà di genere, come ad esempio fra i nativi d’America, in Messico ed in India (i milioni di cosiddetti Hijira). In Occidente, Giovanna d’Arco era forse una transgender; la Bibbia ed il Corano (due testi che pure hanno contribuito pesantemente ad annullare ogni possibile variabile) parlano di eunuchi, con il dubbio che si riferissero a dei transgender.
L’idea di un primato maschile e di una netta dicotomia maschio-femmina (almeno nella specie umana) è stata contestata anche da molti psicologi evoluzionisti; ed esiste una precisa evidenza storica, sociologica ed antropologica che la condotta sessuale umana non sia affatto universalmente dimorfica. L’idea darwiniana di un primato maschile è stata comunque utilizzata dal darwinismo sociale (estendendo impropriamente le idee di Darwin ) per giustificare pratiche culturali, gerarchie sociali, pregiudizi , campagne eugenetiche.
Ma secondo Roughgarden  il genere è espressione di una propria identità piuttosto che dei propri tratti biologici, così come lo può essere lo svolgere un lavoro piuttosto che un altro; e può mutare nel tempo, proprio come si cambia un abito da lavoro.
Anche secondo Randolph Trumbach (storico della Baruch University di New York), il comportamento sessuale umano è estremamente flessibile; e nel mondo occidentale, almeno fino al Settecento, la distinzione fra eterosessualità e omosessualità non era particolarmente sottolineata. Per moltissimi adulti era infatti normale fare sesso con adolescenti maschi, oltre che con donne (in base a documenti dell’epoca, nel quindicesimo secolo almeno due terzi degli uomini di Firenze avrebbero avuto rapporti sessuali con maschi adolescenti). E’ frutto in primo luogo della morale religiosa se tale atteggiamento è successivamente mutato. Nulla di strano dunque che la contestazione del paradigma dimorfico della sessualità, oltre a mettere in discussione molti aspetti del darwinismo, abbia pesanti ricadute nell’ambito della politica, della morale e financo della teologia,
Questo punto di vista transgender coincide in molti aspetti con quello femminista, laddove contesta lo ‘stereotipo’ scientifico dei due generi in favore di una costruzione sociale del genere; e vede nel ritorno al Darwinismo anche una reazione all’ansietà generata dalle incertezze derivanti da tali problematiche.
Contro l’idea di un arcobaleno di genere si scagliano invece ad esempio i creazionisti, che obiettano: la dicotomia sessuale è un accidente storico o la scelta di un creatore intelligente? Secondo alcuni di loro  il vantaggio di una riproduzione sessuale non è affatto provato e non esistono valide spiegazioni naturalistiche per l’origine ed il mantenimento del sesso, che dipendono solo una specifica volontà divina. Contestualmente, i riferimenti biblici a lesbiche, gay e transgender vengono scotomizzati, promuovendo impropriamente a scienza il racconto sulla divisione originaria in due sessi del genere umano, come anche (nel racconto del diluvio universale) di ogni specie animale.

Francesco D’Alpa

Pubblicato su: "L'Ateo" n. 75 (3/2011)